Volata-scudetto Serie A 2021-22, doppio flop della Nazionale nelle qualificazioni Mondiali, Champions e Premier League, Guardiolismo e catenaccio, limiti della tecnologia a supporto del calcio e proposte migliorative, Pallone d’oro e Hall of Fame del football. Di questo e altro abbiamo discusso con il direttore Roberto Beccantini, col quale ci siamo intrattenuti a Milano poche ore fa, nell’ambito del nostro spazio di approfondimento Tribuna Stampa Sportflash24.
A 6 gare dal termine, Milan 68, Inter 66, Napoli 66: per dirla con la buonanima del prode Galeazzi “tre imbarcazioni, punta a punta, a 250 mt dal traguardo”. Chi vincerà?
“Io dico Inter, perché è la più forte. Ad agosto scorso l’avevo posizionata al 2° posto, ma, una volta andato via Cristiano Ronaldo dalla Juve, l’ho indicata come 1^ favorita”.
E il resto del podio?
“A seguire, Milan 2° e Napoli 3°. I partenopei hanno vinto 2 scudetti avendo…Maradona in squadra. E poi va detto che il team di Spalletti non è abituato a queste stressanti lotte per il tricolore sul filo dell’equilibrio”.
Alla Juve, che a inizio stagione sembra avere sempre tutto, cosa manca?
“Manca un gioco all’altezza. Mr Allegri non è un allenatore che apre il ciclo vincente, ma colui che gli conferisce continuità; anche se, riflettendoci, se fosse restato Cristiano, col suo ruolino di oltre 25 gol di media a campionato, oggi probabilmente la Juve sarebbe stata lì a giocarsi lo scudetto… e non a osservare lo sprint delle altre 3 a pochi punti di distanza (8, ndr)”.
Mourinho e Sarri: docenti-matricole in Caput Mundi. Come se la stanno cavando?
“Bene entrambi. A inizio campionato avevo messo le due romane in sesta e settima posizione. Mourinho sta andando leggermente meglio del previsto (al momento è 5°) e Sarri è in linea con le previsioni”.
Juric-Tudor da un lato e Italiano-Dionisi dall’altro: tecnici stranieri ottimizzano il marcamento a uomo, per decenni ‘specialità di casa nostra’, mentre la generazione emergente di Coverciano guarda al ‘modello Guardiola’.
“Sulla scia di Gasperini, Juric e Tudor marcano a uomo e vanno in avanti, mentre Mr Italiano ha un suo stile poco ‘italiano’. E’ coraggioso e mi piace. E anche Dionisi appartiene a questa categoria. Del resto, è la filosofia del Sassuolo: dopo De Zerbi, Dionisi. E’ un pensiero forte. Giocando così, si può battere in campionato anche la Juve, ma sulla lunga distanza se ne risente. In campo non vanno gli allenatori, ma i giocatori”.
Gasperini e l’Atalanta quest’anno pagano la panchina corta o cos’altro?
“Gasp molto dà e molto chiede. Mi dicono che giocare per lui, interpretando il suo credo tattico, è bello, ma allenarsi tutti i giorni con lui è complicato. E’ un martello. Per me, comunque, l’Atalanta è un po’ la 21 squadra della ‘Premier League’. Poi va anche evidenziato che, se per un motivo o per un altro, vengono a mancare Papu Gomez, Ilicic, Duvan Zapata e Gosens dalla formazione titolare, sul campo la differenza con i loro sostituti si nota”.
A proposito di calcio inglese: la finale di Champions 2021 Chelsea-Manchester City vinta dai Blues e l’ultimo supermatch disputato in Premier (pari 2-2 tra City e Liverpool) dimostrano che, nonostante il fatto che alla squadra di Guardiola non manchino qualità e velocità, il ‘credo’ di Pep fa un po’ fatica a imporsi oltre Manica. Non è che forse manca un ‘tot di cazzimma’ a De Bruyne e compagni?
“Il contesto della Premier oggi è paragonabile a quello che c’era in Italia negli anni ’80-’90, quando avevamo il campionato più bello del mondo e vincevamo anche tanto nelle competizioni Uefa. La realtà è che c’è grandissima concorrenza. Klopp a Liverpool sta portando avanti un ciclo molto importante. Per sintetizzare, direi: lezione Guardiola, erezione Klopp. A Pep piace l’occupazione ‘militare’ dello spazio. Jurgen, invece, vuole andare in porta nel modo più pericoloso possibile, attaccando con densità o anche arrivando da dietro con la sua verticalità”.
Champions 2021-22: c’è una favorita o ci sono più squadre sulla stessa linea?
“Per me il Manchester City è favorito”.
Intanto, anche quest’anno un Paris …troppo ‘Pochettino’ in Champions, nonostante le stelle e le vagonate di petroldollari…
“Pochettino, prima di arrivare a Parigi, ha portato il Tottenham in finale di Champions, ma non lo trovo molto lontano dal livello di evoluzione dei nostri allenatori. Anzi, per me Italiano è pure meglio di Pochettino. Poi va anche detto che non è facile per lui lavorare con un gruppo in cui Mbappé e Neymar sono al top e Messi è in evidente fase calante”.
In tutto questo, ne fa un po’ le spese il nostro Gigio Donnarumma, sia psicologicamente che tecnicamente…
“In relazione all’eliminazione contro il Real Madrid, tutti abbiamo rimosso l’episodio del rigore che Courtois ha parato a Messi nella gara di andata e ci siamo focalizzati sul fatale errore di Donnarumma al Bernabeu nella gestione del pallone con Benzemà in pressing. Il calcio è anche questo”.
Nazionale: mai, prima del quinquennio 2017-2022, l’Italia aveva fallito 2 qualificazioni consecutive alla Coppa del Mondo. Il CT Mancini, da vero demiurgo, sta provando a plasmare la materia, ma non sempre gli riesce il capolavoro, leggasi ‘Campione Euro2020’.
A questo punto, una considerazione nasce spontanea: non è che, tutto sommato, i nostri giovani crescono abbastanza male in un sistema ‘risultatista a tutti i costi’ e inflazionato da stranieri?
“Il nostro valore netto sta a metà tra il titolo europeo del luglio scorso e l’eliminazione al primo match di spareggio-qualificazione contro la Macedonia del Nord. Purtroppo dipendiamo da Donnarumma che para i rigori (a Euro 2020, ndr) e da Jorginho che li sbaglia (contro la Svizzera nel girone pre playoff, ndr).
Certo, il problema dei giovani esiste. Siamo troppo attaccati alla lavagna e alle tattiche e non si lasciano giocare i ragazzi per strada. Una volta, all’oratorio, si entrava tutti. E l’osservatore che passava… prendeva i migliori. Oggi, invece, abbiamo le scuole calcio. E, poiché i genitori pagano, pensano che i figli debbano giocare…e basta. Così, però, non c’è più la selezione darwiniana”.
E se si ritornasse, come negli anni Ottanta, a soli 3 stranieri per squadra, a patto che siano di indubbia qualità?
“In questo calcio diventato sempre più un business, per riportare un po’ di normalità si potrebbero realmente fare 2 cose: ridurre la Serie A da 20 a 18 squadre e suddividere in maniera più equa gli introiti dei diritti tv tra i club della LegaA, un po’ come avviene già in Inghilterra. Tutto questo non perché non abbia un senso quella vecchia regola, ma perché, per tornare all’antico, servirebbero accordi tra gentiluomini…ma in giro non ne vedo. Del resto, la sentenza Bosman del 15 dicembre 1995, emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sede in Lussemburgo, ha eliminato molti dei vincoli tra calciatori e società di appartenenza, favorendo tantissimo la libera circolazione di giocatori professionisti all’interno dell’UE”.
Regole e calcio: l’utilizzo del VAR, autorizzato sperimentalmente in Serie A dalla FIFA per la stagione 2017-18 e poi messo a regime in ambito internazionale durante i Mondiali di Russia 2018, ha “sdoganato” parzialmente (e su un campo da calcio) l’uso della moviola, strumento che, va ricordato, debuttò il 22 ottobre 1967 durante il seguitissimo programma televisivo RAI “La Domenica Sportiva”. Oggi, dopo 5 stagioni calcistiche, il sentimento comune è che “l’esperimento non funziona come la gran parte degli appassionati di calcio desidererebbe”. A questo punto, non è che forse la FIFA, detentrice del potere di modifica dei regolamenti, dovrebbe insediare una task force di tecnici per puntare all’obiettivo dell’arbitraggio digitale, in modo da provare a eliminare in un colpo solo tutti quei problemi nell’ interpretazione delle azioni di gioco affidati, ancora oggi, alla discrezionalità del direttore di gara e del suo staff?
“Il calcio, rispetto ad altri sport, è arrivato tardi nell’utilizzo delle tecnologie a supporto dell’arbitraggio, ma posso garantire che ancora oggi nel basket, su una delicata situazione di punteggio in parità a pochissimi istanti dal termine di un match, la giuria presente a bordo campo a volte, dopo essersi fermata per un tempo ampio a osservare le immagini, si affida in ultimo, per una decisione che vale il destino di quella gara, alla prima impressione avuta dagli arbitri che sono sul parquet. E, quindi, se ciò accade nel basket, che sperimenta da tempo la moviola a bordo campo, penso che purtroppo anche nel calcio ci sarà sempre un margine di discrezionalità. E in questo contesto per me l’utilizzo del VAR si sta rivelando un gran casino. Certamente aiuta a potare qualche errore (e in qualche caso risolve), ma in altri …decide. Lo spettatore, però, spesso avverte delusione per le determinazioni assunte.
Qualcosa per migliorare la situazione a livello tecnologico, però, si potrebbe fare. Secondo me sarebbe importante introdurre un meccanismo di fotocellule anche nei segmenti che delimitano l’area di rigore. Nel caso specifico, pestare il piede dell’avversario su una di quelle linee farebbe scattare automaticamente l’assegnazione del tiro dal dischetto”.
Insomma, una sorta di “penalty line tecnology”.
Egregio direttore Beccantini, approfittando del fatto che lei per alcuni anni è stato anche componente di giuria del trofeo “Pallone d’oro”, ci spostiamo sull’ambito della cosiddetta “Hall Of Fame del calcio”. A tal proposito, la prima domanda è d’obbligo: non è che negli ultimi 15 anni ci si è appiattiti un po’ troppo nell’assegnare questo riconoscimento o a Messi…o a Cristiano Ronaldo?
“No. Nell’epoca più recente sono stati i più bravi in assoluto: Leo è un gran pittore, Cristiano un gran scultore. E poi assegnare un pallone d’oro a uno dei 2 è come far vincere un premio giornalistico sempre a Indro Montanelli: poiché lo si dà al migliore, non si sbaglia mai. Del resto, Messi nel 2021 ha vinto la Copa America, mentre noi avevamo Jorginho, campione d’Europa sia con la Nazionale italiana che col Chelsea, ma poi scaricato un po’ da tutti, come spesso accade in casi del genere, dopo che, tra settembre e novembre scorso, ha sbagliato i rigori decisivi contro la Svizzera nelle due gare di girone in ottica qualificazione-Mondiali Qatar”.
Quali sono state le 3 squadre di club che l’hanno impressionata più di altre nella storia del calcio?
“Il Real Madrid di Alfredo Di Stefano, dominatore della scena nella seconda metà degli anni Cinquanta, l’Ajax di Rinus Michels e Johan Cruijff della stagione 1970-71 e il Barcellona pluricampione d’Europa e del Mondo tra il 2009 e il 2011, allenato da colui che attualmente considero il miglior tecnico in assoluto, Pep Guardiola”.
Quali, invece, le tre Nazionali più spettacolari della storia?
“Il Brasile campione del Mondo nel 1958, quello trionfatore nel 1970 nella rassegna iridata messicana e l’Olanda vice campione mondiale a Germania 1974”.
Facciamo un gioco. Le indichiamo 22 giocatori italiani e lei ne deve scartare 11.
La lista è la seguente: Dino Zoff, Gigi Buffon, Antonio Cabrini, Paolo Maldini, Beppe Bergomi, Fabio Cannavaro, Alessandro Nesta, Ciro Ferrara, Gaetano Scirea, Franco Baresi, Marco Tardelli, Salvatore Bagni, Rino Gattuso, Daniele De Rossi, Gianni Rivera, Andrea Pirlo, Alex Del Piero, Francesco Totti, Roberto Baggio, Gianfranco Zola, Gigi Riva, Paolo Rossi…
“Dunque, ipotizzando una sorta di 3-1-3-3, terrei con me Zoff – Nesta, Cannavaro, Maldini – Scirea – De Rossi, Rivera, Tardelli – Totti, Riva, Baggio. Gli altri 11 li adopererei per le eventuali sostituzioni”.
Se questo 11 titolare, che ha appena citato, fosse una squadra di club…a chi lo farebbe allenare, potendo scegliere tra Arrigo Sacchi, Ottavio Bianchi, Nevio Scala, Enzo Bearzot, Roberto Mancini, Marcello Lippi, Carlo Ancelotti, Fabio Capello, Antonio Conte, Luciano Spalletti, Gian Piero Gasperini e Giovanni Trapattoni ?
“Marcello Lippi”.
E se fosse una Nazionale?
“Prenderei Enzo Bearzot”.
Poniamo che lei sia l’allenatore di un “fanta 4-2-3-1 all time” con i seguenti 22 calciatori a disposizione: Manuel Neuer, Thibaut Courtois, Dani Alves, Alexander Arnold, Hans Peter Briegel, Manfred Kaltz, Lucio, Tony Adams, Roberto Carlos, Andy Brehme, Franz Beckenbauer, Ruud Krol, Lothar Matthaus, Steven Gerrard, Johan Cruijff, Ruud Gullit, Marco Van Basten, Antonio Careca, Diego Maradona, Michel Platinì, Pelè, Zico. Quale sarebbe il suo 11 titolare?
“Neuer – Alexander Arnold, Briegel, Lucio, Roberto Carlos – Beckenbauer, Matthaus – Maradona, Platinì, Cruijff – Pelé”.
Ultima domanda: dove va il calcio, secondo lei, guardando a questa disciplina sportiva esclusivamente da una prospettiva di campo?
“Il calcio di ieri e di oggi insegue un progresso che spesso, però, è un posto diverso, non un posto migliore”.
Luigi Gallucci
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Nota: non appena possibile, in quest’area della pagina seguiranno link di approfondimento tematico sul calcio nazionale e internazionale.