Tribuna Mergellina / Intervista in esclusiva all’artista

Gino Rivieccio, noto appassionato del Calcio Napoli

“De Laurentiis, presidente audace e bravo a imparare dagli errori”.

L’artista Gino Rivieccio, vomerese d’adozione,  ci racconta in esclusiva i suoi primi 60 anni da tifoso del Napoli.

- “Anche Dio, se segue il calcio, tifa Napoli”. Basterebbe questa frase, facente parte di una canzone scritta nel 2023 insieme a Salvatore De Pasquale (alias Depsa) in occasione del 3° scudetto della squadra partenopea, per connotare la fede pallonara di Gino Rivieccio, laureato in giurisprudenza ma, soprattutto, straordinario talento artistico sbocciato negli anni Ottanta nel capoluogo campano e ormai da alcuni decenni noto in Italia grazie a una fulgida carriera di misurato e poliedrico artista.
Contattato nei giorni scorsi dalla nostra redazione, il ‘Gentleman della risata’ ci concede col suo consueto garbo una mezz’oretta in videochiamata per aprirci il personalissimo scrigno sulla squadra del cuore. All’interno, gemme preziose sugli ultimi 60 anni di Calcio Napoli, da quello del presidente Roberto Fiore a quello di Aurelio De Laurentiis, anche se non manca un suo pensiero sul più grande calciatore della storia, Diego Armando Maradona, e sulla triade che, di fatto, lo ha portato a giocare per il Napoli dal 1984 al 1991.

Dottor Rivieccio, quando e in che modo è nata la sua passione per il calcio Napoli?

“Sono nato in via Benedetto Cairoli, nei pressi di piazza Garibaldi, nel 1958. Poi nel 1964, quando avevo 6 anni, la mia famiglia si è trasferita al Vomero, quartiere che, praticamente, mi ha adottato a vita. E dato che la distanza dallo stadio non era molta, mio padre, tifosissimo del Napoli, mi portava spesso al San Paolo, sin da quando avevo 7-8 anni. E io ero affascinato da quella squadra messa su dal presidente Fiore con Sivori (già Pallone d’oro), Altafini (attaccante campione del Mondo col Brasile di Pelé nel 1958) e Faustino Cané (brasiliano, inventato ala destra da Pesaola). Quel Napoli lì magari non vinceva scudetti, però ero innamorato del modo sublime di trattare il pallone da parte del Cabezon, appena arrivato dalla Juve. E dirò di più. In un’epoca in cui in tanti, anche nella nostra città, erano tifosi delle solite 3 squadre del Nord, per me era un motivo di orgoglio avere, quali calciatori di riferimento, i tre sovraindicati, anziché la filastrocca Sarti, Burgnich, Facchetti. E quindi, proprio per queste bellissime domeniche trascorse allo stadio fin da ragazzino, ai papà di oggi dico: «Portate i vostri figli al ‘Maradona’, educandoli nella cultura del calcio e nella passione per gli azzurri».

Dove e con chi ha festeggiato i 4 scudetti?

“Il primo in strada, tra la folla. Il secondo a Milano, perché in quel periodo lavoravo a un progetto televisivo. Due anni fa l’ho festeggiato in barca, godendomi dal golfo un suggestivo spettacolo di suoni, colori e fuochi pirotecnici. Quest’anno, invece, la partita decisiva capitava di venerdì sera e io il 23 maggio mi trovavo a girare un film in Trentino-Alto Adige. E così ho seguito la gara Napoli-Cagliari in tv, dallo schermo di un tranquillo ristorante di Pergine Valsugana, insieme all’equipe cinematografica che stavo coordinando”.

Cosa ha fatto la differenza in quel cestistico “Napoli 82 punti, Inter 81”, punteggio scolpito nella parte alta della classifica di Serie A 2024-25?

“Innanzitutto, l’intelligenza di mr Antonio Conte, il quale, dato l’organico a disposizione, ha puntato solo all’obiettivo del piazzamento-Champions, mettendo in campo nel dicembre scorso, negli ottavi di finale di Coppa Italia contro la Lazio, i giocatori che avevano minor minutaggio nelle gambe. E quello è stato uno degli ‘indicatori’ rispetto alla direzione in cui intendeva muoversi. L’abilità del mister, però, è stata anche a livello psicologico. Nonostante avesse una Rosa un po’ limitata e nonostante il fatto che il club non sia partito con i favori del pronostico (che andavano tutti sull’Inter), è riuscito a convincere i ragazzi che si potesse centrare realmente uno dei piazzamenti utili per la qualificazione in Champions. Quindi, una volta che li ha responsabilizzati su quell’obiettivo, è stato bravo a non forzare la mano pretendendo che dovessero vincere lo scudetto. E così nelle ultime giornate, quando si lottava per il titolo e si era raggiunto il traguardo minimo stagionale, questa tranquillità mentale si è rivelata un valore aggiunto contro un avversario che, invece, dovendo badare anche a proseguire il suo cammino in Champions, nell’ultimo mese è arrivato cotto. E su questo cruciale aspetto penso che Simone Inzaghi abbia delle responsabilità ben precise”.    

foto libro

Gino Rivieccio, il Gentleman della risata che definisce le sue domeniche senza la partita del Napoli come “gli ziti senza la salsa al ragù”

C’è stato un momento particolare, durante l’ultimo campionato, nel quale ha iniziato a pensare che forse il 2024-25 sarebbe stato un anno agonistico trionfale?

“Sì, durante il week end di Pasqua. Noi nel Sabato Santo vincevamo 1-0 a Monza, mentre l’Inter il giorno successivo perdeva a Bologna 0-1 con un eurogol di Orsolini nei minuti di recupero su ‘assist’ estremamente goffo del difensore neroazzurro Bisseck. Proprio quell’accoppiamento di risultati, relativo alla giornata numero 33 (una cifra che nella smorfia napoletana significa ‘gli anni di Cristo’), ci permise di riagganciare l’Inter in testa alla classifica, a quota 71 punti. E da lì, poi, nelle ultime 5 giornate un emozionante testa a testa in cui un fatale ruolo lo giocò anche la rimonta della Lazio sul campo dei neroazzurri (Inter due volte in vantaggio e due volte raggiunta dai gol di Pedro, di cui il 2° al 90° minuto, N.d.R). Era il 37° e penultimo turno e il Napoli quella sera, dopo aver pareggiato per 0-0 al Tardini contro il Parma, riuscì a mantenere la testa della classifica con 79 punti, contro i 78 dei neroazzurri. Insomma, in questo 4° scudetto, al di là degli indiscutibili meriti del gruppo azzurro, che fino all’ultimo non si è mai arreso, ci sono state anche alcune combinazioni favorevoli al Napoli verificatesi sul campo in cui giocava la diretta antagonista. Concludo, quindi, con una battuta. In segno di ringraziamento, noi napoletani dovremmo mandare ogni domenica a casa di Orsolini e a casa di Pedro, grandi vassoi pieni di sfogliatelle”.

Quale dei 4 Tricolori è stato il più inaspettato e quale quello più sudato?

“Sia il 2°, quello con mr Bigon allenatore, sia il 4°, con mr Conte, sono stati i più sudati e i più inaspettati, perché nel 1990 siamo stati in grado di sorpassare il Milan campione d’Europa alla penultima giornata, andando a vincere a Bologna nella stessa domenica in cui i rossoneri cadevano al Bentegodi contro la Fatal Verona; mentre stavolta abbiamo effettuato un controsorpasso nientemeno che nei confronti della favoritissima Inter, campione d’Italia in carica e per due volte vice campione d’Europa tra il 2023 e il 2025. Forse è anche per questo che lo scorso maggio abbiamo festeggiato di più rispetto a due anni fa, perché quello di Spalletti, dato l’enorme vantaggio accumulato durante la stagione sulle dirette inseguitrici, era stato un po’ uno scudetto annunciato”. 

Cosa rappresenta, dal 2004 a oggi, Aurelio De Laurentiis per Napoli città e per la storia del calcio Napoli?

“Per i primi anni, è stato un imprenditore che ha avuto coraggio e che non ha fatto mai il passo più lungo della gamba. Oggi, invece, è molto tifoso della sua della squadra, è riuscito a integrarsi bene con la città e ha portato il club a grandi risultati. E a quelli che fanno battute sul fatto che sarebbe stato ‘fortunato’, io rispondo con il motto in base al quale ‘la fortuna aiuta gli audaci’. Tra l’altro, è anche una persona che difficilmente sbaglia la campagna acquisti annuale e impara velocemente dagli errori commessi. In tale ambito, penso che, dopo la disastrosa stagione 2023-24 da presidente neo-scudettato, abbia assimilato molto bene la lezione”.   

A quali traguardi può ambire realisticamente il Napoli, ipotizzando che sulla panchina resti Antonio Conte per i prossimi 3 anni?

“Se resta Conte, il Napoli può raggiungere traguardi che non sono stati mai centrati. Grazie alla qualità dei rinforzi che sono arrivati durante l’ultimo calciomercato, mi sembra che la squadra possa diventare anche più spettacolare rispetto a quella della scorsa stagione”.

Napoli 3 ottobre 1926, campionato di 1^ Divisione Nazionale, prima giornata: A.C. Napoli-Internazionale 0-3. Da quel giorno…e fino all’Era Maradona tantissimi bocconi amari contro i neroazzurri. Nell’epoca-De Laurentiis, il trend si raddrizza sempre di più, fino al punto che “gli scugnizzi del Dela” riescono a sfilare al Biscione addirittura uno scudetto. Lei ritiene che, col risultato di quest’anno, siano stati pareggiati, in qualche modo, i conti col destino?

“I conti, a mio avviso, si sono riequilibrati grazie all’introduzione del VAR. E non solo con l’Inter, ma anche con la Juve. Si tratta di uno strumento che, nonostante tutti i difetti operativi, dal 2017 a oggi risolve tanti problemi: dai gol che nascono da posizioni di fuorigioco non segnalato a quelli viziati da falli nello svolgimento delle azioni, passando per le attribuzioni di alcuni calci di rigore legittimati solo grazie alle tempestive supervisioni della sala VAR”.

Si può dire che le 3 date storiche del calcio Napoli sono il “1° agosto 1926”, il “5 luglio 1984” e il “6 settembre 2004”, senza nulla togliere alla sacralità di “10 maggio 1987, “17 maggio 1989”, “29 aprile 1990”, “4 maggio 2023” e “23 maggio 2025”?
“Certamente, però il 10 maggio, che per me vale quanto il 5 luglio in termini di emozioni, ce lo aggiungerei”.

Quali sono state, secondo lei, le 3 migliori stagioni della storia del Napoli, bilanciando risultati e qualità delle prestazioni?
“Il Napoli scudettato di Spalletti 2022-23 e quelli dei due secondi posti, raggiunti rispettivamente dal gruppo di mr Luis Vinicio (stagione 1974-75) e da quello del record dei 91 punti allenato da mr Maurizio Sarri (campionato 2017-18)”.

Se Gino Rivieccio fosse, per una sera, l’allenatore del Napoli “all time”, quale XI metterebbe in campo?
“In porta, Zoff; in difesa, Bruscolotti, Krol, Buongiorno e Marangon; a centrocampo, Bagni e Juliano; in attacco, Lavezzi, Maradona e McTominay dietro la punta Higuain. In panchina, non rinuncerei agli attaccanti Careca e Cavani”.

Noi, già ragazzini degli anni Ottanta, abbiamo visto spesso (e per assoluto spasso) Maradona in campo allo stadio San Paolo. Lei lo ha conosciuto anche di persona. Ci può dire chi era Diego oltre il rettangolo verde?
“Era una persona di cuore, generosa. Aiutava i deboli e, quando c’era da prendere posizione, si metteva sempre dalla parte dei meno fortunati. Lui ha dato tanto alla nostra città e alla storia calcistica del Napoli, ma ha ricevuto pure. Prima di concludere il mio pensiero su Diego, debbo evidenziare che il suo ingaggio, che ha fatto invertire il trend della storia calcistica azzurra, è stato opera soprattutto della triade dirigenziale formata da Corrado Ferlaino, Antonio Juliano e Dino Celentano”.

In che modo la passione per il calcio ha inciso nella sua vita?

“Non saprei stare senza vedere la partita del Napoli. Le domeniche senza calcio sono un po’ come gli ‘ziti’ senza la salsa del ragù”.

Lei, dal 1979 a oggi, in 46 anni di carriera artistica, ha ricoperto vari ruoli in teatro e in tv e, tra reti Mediaset e Rai, ha conosciuto fior di “big”, fra cantanti, attori, presentatori e giornalisti. Saprebbe tracciarci l’identikit del vero fuoriclasse? 

“Il fuoriclasse, in relazione al proprio ambito, sa fare tutto. Nel nostro settore, è colui che sa esprimere arte, sa essere originale, sa come intrattenere la platea con toni garbati e, soprattutto, è colui che non perde mai la calma. In sostanza, è uno che insegna attraverso il suo modo di essere, sia in campo sia fuori”.

Per lei, debutto da regista cinematografico, nel settembre scorso, con il film “Da cosa nasce cosa”. Quali le motivazioni che l’hanno spinta a dedicarsi a quest’opera in un ruolo, tra l’altro, particolarmente impegnativo…

“Ho iniziato a pensare a questo progetto prima che arrivasse il Covid. Terminata l’emergenza sanitaria, c’è voluto un tempo tecnico affinché l’opera venisse definita e metabolizzata da tutto il gruppo di lavoro. Il film, ambientato fra Trentino-Alto Adige e Campania, è prodotto da Eduardo Angeloni. L’obiettivo è quello di far riflettere su temi quali la famiglia, l’amore, l’imprenditoria e il coraggio di cambiare registro in relazione alla quotidianità”.     

Cosa vuol fare “da grande” Gino Rivieccio, poliedrico artista partenopeo, soprannominato anche il ‘gentleman della risata’?

“Divertirmi ancora in scena, sul set, davanti alla telecamera. Questo è un mestiere che bisogna fare divertendosi, altrimenti non va bene. Quindi, mi auguro di avere le energie per poterlo svolgere quanto più a lungo possibile, almeno fino a quando il Capotreno, rigorosamente con la maiuscola, lo riterrà opportuno”.

Luigi Gallucci

*

(Fonti a supporto:

https://www.old.unina.it/-/38669878-ma-che-napoli-

https://www.ginorivieccio.it/

https://lavocedinewyork.com/arts/spettacolo/2018/03/01/con-il-cuore-tra-napoli-e-palermo-gino-rivieccio-il-gentleman-della-comicita/

https://occhioallartistamagazine.it/2025/09/12/da-cosa-nasce-cosa-il-cinema-indipendente-di-gino-rivieccio-per-raccontare-il-sud-e-limportanza-della-famiglia/

https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Rivieccio)

facebooktwittergoogle_pluspinterest

Commenti Social