TRIBUNA STAMPA – INTERVISTE POST 4° SCUDETTO NAPOLI
LA SCHEDA – Gianni Grazioli, 65 anni, vicentino, laureato in Lettere e due vite lavorative con un unico denominatore: ‘o pallone, come si dice a Napoli. Nella prima, giornalista al “Gazzettino” (responsabile, a Vicenza, delle pagine sportive dal 1989 al 2001). Nella seconda, ai vertici dell’associazione italiana calciatori dal 2001 a oggi, prima in qualità di segretario (dal 2001 al 2011) e poi, in questi ultimi 14 anni, nel ruolo di direttore generale. Presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio, invece, Grazioli dal 2018 a oggi è coordinatore del Club Italia e, sempre nel contesto della Nazionale, nel marzo 2021 ha pubblicato, insieme a Stefano Ferrio, il libro “Azzurri d’Europa. L’Italia ai campionati continentali”.

11 luglio 2021, stadio Wembley (Londra). Gianni Grazioli, coordinatore del Club Italia, in una foto ricordo con due degli eroi del trionfo azzurro agli Europei appena conclusi: il mediano Barella (a sinistra) e il difensore Bastoni (a destra).
11 DOMANDE PER 11 RISPOSTE
Dottor Grazioli, partiamo dal verdetto dell’ultimo campionato: Napoli campione d’Italia per la 4^ volta nella sua storia…
“Scudetto assolutamente meritato, anche se ai nastri di partenza la squadra azzurra non aveva la Rosa più forte. Mentre, nel 2023, il Tricolore di mr Spalletti è stato caratterizzato da spettacolarità, questo di mr Conte è stato frutto di compattezza e concretezza di squadra”.
E Scott McTominay, al primo anno in Serie A, è stato nominato miglior calciatore della stagione. Nel 2023, invece, il prestigioso premio lo vinse il georgiano Kvaratskhelia…
“Conte lo ha utilizzato in tutte le sue potenzialità, sia in fase di possesso sia in fase di non possesso palla. E lo scozzese ha dimostrato di avere grande qualità. In molti momenti topici della stagione ha tolto le castagne dal fuoco (un po’ come Kvara nel campionato 2022-23, N.d.R.). Una parola, però, vorrei spenderla anche per Alex Meret. Portiere affidabilissimo e molto migliorato nel corso degli anni, è l’estremo difensore che io consiglierei a ogni squadra”.
Aurelio De Laurentiis: il presidente dei due scudetti nell’arco di tre campionati consecutivi. Una roba mai vista nel centro-sud Italia dal 1898 al 2024…
“Per il presidente parlano… i risultati sul campo e i conti in ordine fuori dal terreno di gioco. Gli va dato grande merito. In un calcio di Serie A che sta scivolando sempre più in mani straniere, è uno dei pochi presidenti italiani rimasti. Ben vengano persone come lui nel nostro foot ball”.
Quali realistiche prospettive per il Napoli?
“È una squadra che potrà fare molto bene, non solo in campionato, ma anche in Champions. Naturalmente, a stagione in corso potrebbe essere necessario fare delle scelte in base agli obiettivi e alle opportunità che andranno a materializzarsi durante l’impegnativo percorso; ma, in relazione a ciò, il fatto di aver mantenuto mr Conte come guida tecnica è una Garanzia, in quanto tale elemento strategico permette al Napoli di tenersi al riparo da situazioni particolarmente complicate”.
Nel frattempo, dall’estate 2023 al giugno 2025 Luciano Spalletti, l’allenatore scudettato e osannato in Parthenope, ha fallito totalmente in Nazionale nel ruolo di commissario tecnico…
“Mi dispiace moltissimo per Luciano. Ci ha messo tanto impegno, ma probabilmente non è riuscito a entrare nelle teste dei giocatori. Lui è più allenatore da club che da Nazionale, in quanto ha bisogno di tempo per far giocare la squadra secondo i suoi principi e in Azzurro, com’è noto, la tempistica operativa è estremamente ridotta nell’arco dell’anno”.
E ora, dopo la sconfitta del giugno scorso all’esordio contro la Norvegia e la vittoria nel successivo match contro la Moldavia nel gruppo “i” di qualificazione europea per i Mondiali 2026, alla guida della Nazionale è stato scelto Rino Gattuso, anche lui ex tecnico del Napoli, in sostituzione dell’esonerato Spalletti. In realtà, Gennaro, da ex calciatore della Nazionale, sa cosa significa non solo qualificarsi per la fase finale di una Coppa del Mondo ma anche vincere il trofeo… Ora, però, da neocommissario tecnico è chiamato a un compito estremamente complicato in termini tattici, agonistici e psicologici. Ce la farà il nostro guerriero di Germania 2006 a rompere la “serie nera” che dal novembre 2017 a oggi attanaglia la nostra Nazionale in chiave Mondiali FIFA?
“La scelta di Rino mi piace. Uno che ha vinto a livello europeo e mondiale prima col Milan e poi con la maglia azzurra può trasmettere ai giocatori un aspetto cruciale: il senso di appartenenza. Il rispondere a una convocazione della Nazionale non deve essere vissuto come un peso, un obbligo, ma come un onore, in quanto, nel momento in cui si veste quella maglia, si è rappresentativi di alcune decine di milioni di italiani. E poi ci sono altri due dati. Gattuso, giunto sulla panchina del Napoli nel dicembre 2019 in sostituzione di Ancelotti, ricompattò un gruppo che sembrava allo sbando e lo portò, nel giugno successivo, a vincere anche la Coppa Italia (titolo 1^ pagina Gazzetta dello Sport 18 giugno 2020 ‘COPPA RINGHIO’, N.d.R), mentre nel campionato 2020-21 lottò per la qualificazione Champions fino all’ultima giornata, chiudendo al 5° posto”.
A proposito di calciatori e Nazionale, cosa ne pensa dei casi di Tonali e Fagioli, due ragazzi finiti, nel 2023, in un’inchiesta su scommesse non consentite e rispetto ai quali è stato associato il termine ludopatia?
“Purtroppo, ogni tanto qualche giocatore ci casca. E chi sbaglia è giusto che paghi. I due, però, dopo questa fase hanno fatto un percorso di riabilitazione psicologica e ne sono usciti. Del resto, si tratta di due talenti che ora possono tornare utili anche al nuovo C.T. Ma, su questo delicato ambito, nel quale c’entra anche il tema delle scommesse clandestine, tengo a evidenziare che la nostra Associazione Calciatori sta lavorando molto con le società professionistiche di Serie A, B e C per informare tutti i tesserati sul problema della ludopatia, sulle norme giuridiche esistenti e sui rischi che corrono i singoli giocatori nell’intraprendere determinate azioni. Oggi, grazie alle campagne di sensibilizzazione e informazione ad ampio raggio, i calciatori sanno che è assolutamente vietato, da parte loro, scommettere sul foot ball. Inoltre, sanno anche che si va su pene fortemente penalizzanti, che possono portare alla radiazione dal mondo del calcio, per i soggetti responsabili di compravendita dei risultati delle partite; la qual cosa, oltre a essere un’attività economica clandestina, rappresenta, contemporaneamente, una gravissima violazione del principio di lealtà sportiva, in quanto altera il normale svolgimento dei campionati. Va da sé che persone colpevoli di violazioni di tal genere non c’entrano assolutamente con il calcio e con lo sport sano”.
Da alcuni dossier intitolati “Calciatori sotto tiro”, curati dalla vostra associazione tra il 2014 e il 2022, si evincono varie forme di violenza sulla categoria: aggressioni e lesioni fisiche, minacce, danneggiamenti e offese alla dignità della persona, comprese quelle di matrice razzista. Il triste fenomeno è generalizzato, ma, in regioni quali Lazio, Campania e Lombardia, le criticità sembrano ancora più marcate rispetto ad altri territori, che comunque non ne sono immuni…
“La violenza che sfocia nel calcio, comprendendo in tale contesto le aggressioni tra tifoserie opposte e quelle verso gli arbitri, rappresenta un grave vulnus di tipo culturale, oltreché un serio problema in termini di ordine pubblico. In tal senso, però, le racconto un episodio riferitomi da Gianfranco Zola tempo fa, quando a Londra era allenatore del West Ham. Ebbene, lui mi confidò che un giorno, dopo aver subito la 6^ sconfitta consecutiva in campionato, era timoroso nell’uscire dallo stadio, in quanto aveva paura di una possibile reazione negativa da parte dei tifosi degli Hammers. E invece le cose andarono diversamente. Mentre si accingeva a lasciare l’impianto sportivo, incontrava cronisti e tifosi che lo incoraggiavano ed erano ottimisti sul fatto che la squadra si sarebbe ripresa. Beh, atteggiamenti di questo tipo significano una sola cosa: avere una vera Cultura del calcio. In Italia, invece, basta che una qualsiasi squadra perda 3 partite consecutive e in quella determinata piazza, nella stragrande maggioranza dei casi, è pronto a scatenarsi il putiferio, con tifosi e Media che iniziano a contestare la squadra e a invocare il cambio immediato dell’allenatore. A corollario, rispetto al nostro osservatorio sulla violenza nel calcio, debbo anche specificare che le aggressioni si verificano soprattutto nei campionati minori, mentre in quelli maggiori tendenzialmente creano più problemi gli scontri tra tifosi”.
Oggi il calciatore è più oggetto o soggetto nel mondo del pallone?
“Riveste entrambi i ruoli. Certamente resta il soggetto principale, perché senza la figura del calciatore non esiste il calcio. E quindi il primo protagonista è lui. Purtroppo, il giocatore diventa oggetto in presenza di un sovrannumero di partite in calendario. Quest’anno, i calciatori di Inter e Juve, che hanno disputato tutte le competizioni (Serie A, coppa Italia, supercoppa nazionale, Uefa Champions e Mondiale Fifa per club), sono arrivati a giocare oltre 60 partite. Del resto, mi risulta per certo che con questi ritmi i giocatori arrivano a fine maggio e a inizio giugno letteralmente svuotati a livello psico-fisico. Tra l’altro, abbiamo notato che l’incidenza di infortuni è tre volte maggiore su chi gioca le coppe rispetto a chi non ha questo tipo di impegni infrasettimanali. Naturalmente, il Napoli nella prossima stagione avrà lo stesso rischio-infortuni di Inter, Atalanta, Juve, Roma e Bologna. Inoltre, entrando nei dettagli del problema, abbiamo notato che, a parte rare eccezioni, un giocatore dopo una sequenza di 5 partite disputate ogni tre giorni, si ritrova in una condizione di rischio-infortunio muscolare e, quindi, prudenzialmente va tenuto a riposo, perché in caso contrario non gli si dà la possibilità di recuperare dai precedenti sforzi. E poi negli ultimi 4-5 anni abbiamo rilevato un’altra tendenza. Sono diminuiti gli infortuni al ginocchio dovuti a traumi da contrasto di gioco, mentre sono aumentati i cedimenti agli arti inferiori non generati da contatto con l’avversario. La qual cosa è abbastanza significativa rispetto allo stress dei nostri atleti”.
Come si può uscire da queste problematiche?
“In Premier League, alcune società hanno iniziato a dare ai giocatori dei momenti di rotazione. Pur partecipando agli allenamenti, di volta in volta un determinato numero di calciatori all’ora della partita si accomoda in tribuna. Purtroppo, in un calcio in cui alcuni soggetti autorevoli spingono per organizzare il Mondiale per Club addirittura ogni 2 anni, anziché ogni 4, è molto difficile trovare settimane libere. E a quel punto, a ciascun club restano 2 alternative: creare una Rosa più ampia (con conseguente aumento dei costi) o ruotare il più possibile i giocatori sotto contratto. Reputo, invece, molto complicata l’ipotesi di ridurre le giornate del campionato di Serie A attraverso la diminuzione del numero delle squadre partecipanti (dalle attuali 20 a 18). Manca, in tal senso, la volontà di un ritorno al passato da parte dei vertici del nostro calcio”.
Lo scorso 19 luglio, a 90 anni e 11 mesi, è venuto a mancare l’avvocato bassanese Sergio Campana, calciatore con oltre 200 presenze in Serie A nei 20 anni successivi al secondo Dopoguerra e fondatore, nel 1968, del sindacato Associazione Italiana Calciatori. Un uomo di calcio che ha attraversato più epoche, durante le quali il calciatore, sostanzialmente, è stato “diversamente oggetto” di un sistema foot ball che ancora oggi non è sempre dorato…
“Dunque, la legge 91 del 1981, che definiva lo status giuridico dello sportivo professionista, è stata la base di partenza per molte conquiste che l’AIC è riuscita a ottenere in quegli anni. E così, man mano, sono stati introdotti il trattamento pensionistico, la tutela sanitaria, le assicurazioni-infortuni e, soprattutto, è stato abolito il vincolo sportivo che fino a quel momento aveva fatto del calciatore un’autentica ‘merce di scambio’. E grazie al suo ruolo sindacale l’avvocato Campana, per oltre 40 anni presidente AIC, ha rappresentato un’anomalia positiva in un mondo spesso litigioso. Le tutele che è riuscito a conquistare per la categoria non sono arrivate subito. E lui ha avuto la forza di non perdere mai la pazienza, nemmeno nelle numerose riunioni che non andavano nella direzione da lui auspicata per la categoria. E quindi non è stato solo un presidente, ma anche un campione di educazione, buon senso e misura. Tra l’altro, durante i suoi 43 anni particolarmente intensi in AIC, è riuscito a dialogare costruttivamente con diverse generazioni di calciatori. E questo aspetto non è roba da poco. A margine, aggiungo che Campana, dopo aver passato il timone del comando nel 2011 prima a Damiano Tommasi e poi a Umberto Calcagno, ha continuato a dare, in qualità di presidente onorario, preziosi suggerimenti per lo sviluppo della ‘sua’ creatura, un’associazione che, va ricordato, oggi conta circa 21mila iscritti, tra cui 3000 professionisti, incluse le giocatrici della Serie A femminile, e ben 18mila dilettanti”.
Luigi Gallucci