Tribuna Mergellina: intervista in esclusiva
al commendator Mastellone, manager sorrentino
tifosissimo del Napoli
- Gaetano Mastellone, tifoso Azzurro da oltre mezzo secolo, già vicepresidente del Sorrento Calcio nel periodo di mr Sarri allenatore e attualmente, nella vita quotidiana, a capo di GMConsult, società di consulenza aziendale specializzata, da ragazzino cullava vari sogni, tra cui uno in particolare: fare il portiere di foot ball. E poiché era anche molto bravo, da adolescente, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, arrivò alle soglie del professionismo proprio col club costiero rossonero; solo che poi gli studi universitari e la vita lo hanno portato a presidiare, con ruoli di primo piano, ben altre “aree di rigore”. Manager in ambito economico, finanziario e amministrativo, in carriera, dopo un inizio professionale presso la Banca d’America e d’Italia (gruppo Bank of America) ha consolidato il suo bagaglio teorico-pratico fino a diventare “condirettore centrale alla Deutsche Bank” con esperienze internazionali a New York, Francoforte e in Lussemburgo. Nel suo vastissimo curriculum, ruoli di primo piano come Amministratore Delegato anche in altri istituti di credito: “Popolare Bari Corporate Finance”, “Banca Popolare di Calabria” e “BPPS Banca”. Infine, a livello istituzionale Gaetano Mastellone, insignito, tra l’altro, dell’onorificenza di “commendatore della Repubblica italiana” nel 2014, è stato “consigliere ABI Campania” e “vicepresidente OBI (Osservatorio Banche e Imprese)”, contribuendo al dialogo tra sistema bancario e tessuto produttivo. Non sempre, data l’intensa attività professionale, negli scorsi decenni è riuscito a seguire da vicino le imprese del “suo” Napoli. Negli ultimi tempi, però, “se la sta godendo alla grande”, come si suol dire.
Commendatore Mastellone, quando scatta, in lei, la molla della passione per il calcio …e per il Napoli in particolare?
“La passione per il foot ball viene fuori in modo spontaneo sin da bambino. Avevo dieci anni e facevo il portiere per strada. A Meta di Sorrento, la mia città natale, organizzavamo tornei rionali tra piccoli campetti e strade. Paravo bene e a 14 anni fui tesserato dalla ‘Folgore Meta’. All’età di 16 passai nella ‘Lega giovanile Juve Sorrento’ e a 17 mi acquistò il ‘Sorrento Calcio’. Rimasi lì fino ai 21 anni, entrando anche nell’orbita della prima squadra (Serie D e C) con allenatori di grande livello, come il mitico Gennaro Rambone – che mi parlava spesso del Napoli – e Paolo Todeschini, ex Milan. Ero bravo, ma avevo obiettivi anche extra campo. Volevo completare gli studi universitari e realizzarmi nel lavoro. Così lasciai il calcio professionistico, giocando successivamente un campionato di Promozione con la “Juve Massa” e poi con l’Angri, con cui vinsi un torneo. La passione per il Napoli mi fu trasmessa proprio da Rambone, dall’armatore Achille Lauro e dal figlio Gioacchino, che furono i miei presidenti al Sorrento, e dal dottor Andrea Torino, fondatore della storica emittente tv Canale 21 e braccio destro di Lauro nel calcio. Tutti personaggi profondamente Azzurri”.
Dove e con chi ha festeggiato i 4 scudetti?
“Quelli del 1987 e del 1990 li ho vissuti più dalla TV e dalla radio che allo stadio, perché per lavoro ero spesso lontano da Napoli. Ho visto poche partite al vecchio San Paolo, ma ho seguito ogni emozione con orgoglio e passione, soprattutto per il nostro condottiero, l’uomo che abbiamo amato di più: Diego Armando Maradona. Gli ultimi 2, invece, me li sono goduti da vicino”.
Quale dei 4 Tricolori è stato il più inaspettato e quale quello più sudato?
“Quello conquistato da Spalletti fu inaspettato. Sin dall’inizio ero molto scettico sull’allenatore e vedevo tutto nero. Poi ho fatto il mio ‘mea culpa’. Ed è stata una cavalcata straordinaria, ricca di passione ed emozioni. Lo scudetto più sudato ed emozionante è stato senza dubbio l’ultimo, quello meraviglioso di mister Antonio Conte. Non ho perso una partita in casa e ho partecipato alla festa Scudetto: indimenticabile. E rimanendo in tema di tricolore, vorrei ricordare anche lo scudetto che ci è stato scippato nella stagione 2017-18 con mr Sarri alla guida degli azzurri. Maurizio, tra l’altro, fu allenatore del Sorrento in Serie C quando io ero vicepresidente (2011). Restammo amici e lo siamo ancora oggi, con grande stima e affetto, anche se debbo dire che lui non ha molta dimestichezza coi telefonini”.
Quali le chiavi del successo di ciascuno dei 4 trionfi?
“I primi due portano il marchio inconfondibile di Maradona. Il terzo e il quarto hanno l’impronta dei due allenatori: Spalletti e Conte. Naturalmente anche del presidente, della società e dei calciatori, che restano i veri protagonisti”.
C’è stato un momento particolare, durante l’ultimo campionato, nel quale ha iniziato a pensare che forse il 2024-25 sarebbe stato un anno agonistico trionfale?
“Non c’è stato un momento preciso, ma tre segnali mi hanno dato la certezza dello scudetto. Primo: il Napoli, guidato da uno dei migliori allenatori in circolazione, non disputava le Coppe, e Conte poteva lavorare sulla squadra sette giorni su sette. Un grande vantaggio per un tecnico come lui, tattico e motivatore.
Secondo: con lo scorrere delle giornate avevamo una difesa solidissima, poi risultata la migliore della Serie A con soli 27 gol subiti e ben 19 partite su 38 senza reti al passivo (record stagionale nei cinque principali campionati europei). Una vera corazzata. Forse perché sono stato portiere, ho sempre creduto che la fase difensiva fosse decisiva per vincere. E il Napoli della scorsa stagione ha raggiunto livelli altissimi anche sulle palle inattive.
Terzo elemento, ma non ultimo in ordine di importanza, il calore e la passione dei tifosi. Il loro grandissimo entusiasmo, manifestato sin dal primo giorno del ritiro di Dimaro 2024, ha ‘contagiato’ positivamente la squadra e con la sua spinta incessante ha contribuito a fare la differenza”.
Cosa rappresenta, dal 2004 a oggi, Aurelio De Laurentiis per Napoli città, per la storia del calcio Napoli e per il mondo del foot ball nazionale?
“Lo adoro perché ha dato tanto a Napoli e all’universo azzurro. Napoli non è solo una squadra, è un sentimento. E questi ultimi due scudetti sono stati un dono immenso per un popolo che vive il calcio come parte della propria identità. Certo, Aurelio è un leader divisivo: o lo si ama o lo si odia. Non ci sono vie di mezzo. Negli ultimi anni, però, l’amore dei tifosi è cresciuto, perché lui è un uomo di FATTI. Del resto, De Laurentiis è IL NAPOLI da quando lo ha acquistato. Senza la sua determinazione, le sue capacità manageriali e la sua visione, non avremmo mai vissuto i successi di oggi. E in relazione a questi trionfi, un plauso va anche a Jacqueline, moglie e compagna della sua vita (persona elegante, una grande Signora), e ai figli Edo De Laurentiis (cresciuto molto e oggi amatissimo dai calciatori, quasi come un fratello maggiore) e Valentina, la scoperta più recente della famiglia: una professionista capace e discreta, che nell’ultimo quinquennio ha migliorato tantissimo il settore ‘merchandising’ del club partenopeo.
Per quanto riguarda, invece, la ‘configurazione’ di Aurelio nel panorama del calcio nazionale, io, proprio per le sue doti ampiamente dimostrate sul campo, lo vedrei bene alla guida dell’intero movimento calcistico italiano. Sono certo che lo trasformerebbe in meglio…e in pochi anni”.
A proposito di “industria del foot ball italico”, nonostante le grandi delusioni generate dalle mancate qualificazioni della nostra Nazionale ai Mondiali di calcio di Russia 2018 e Qatar 2022, l’ultimo report del luglio scorso pubblicato dalla FIGC evidenzia che quello pallonaro resta comunque un settore di grande traino, in quanto incide sul PIL (prodotto interno lordo) per 12,4 miliardi di euro, dando lavoro a 141mila persone, tra l’ambito di campo e i settori dell’indotto che gli ruotano intorno. Secondo lei, prendendo spunto da Ennio Flaiano, la situazione, nel suo complesso, è “grave” o è “seria”?
“Nonostante tutto, in Italia il calcio resta un settore economico importante, che meriterebbe maggiore attenzione e più sostegno da parte delle istituzioni politiche. Non parlo di distribuire risorse, ma di creare un ‘ecosistema normativo e amministrativo’ in cui i club possano crescere e svilupparsi al meglio. In tale contesto, penso, ad esempio, al tema dell’ammodernamento e della valorizzazione dei nostri stadi; solo che, se la politica sportiva non agirà in tempi rapidi, resteremo incastrati nei concetti evocati da Flaiano”.
Investitori stranieri nel nostro calcio: dal 2011 a oggi, hanno ricapitalizzato società professionistiche per circa 5 miliardi di euro. E, stando agli ultimi report, mediamente 1 club italiano su 4 è attualmente di proprietà estera. Come va inquadrato questo trend e quali scenari futuri si possono ipotizzare?
“La globalizzazione del calcio e il venir meno dei vecchi mecenati hanno portato decine di investitori stranieri in Italia. È un fenomeno ineluttabile, oramai, che andrebbe in qualche modo disciplinato per attrarre esclusivamente investitori seri (in grado di aiutare il rilancio del nostro movimento) e non meri speculatori”.
Nello scorso febbraio, un dossier pubblicato da “Calcio e Finanza” ha evidenziato che, in relazione ai bilanci delle società di Serie A approvati al 30 giugno 2024, solo Napoli, Fiorentina, Atalanta, Monza e Lecce hanno fatto registrare un saldo economico positivo nel rapporto tra “liquidità effettiva” e “indebitamento finanziario”. Secondo lei è normale che chi oggi, in varia misura, boccheggia debba essere tenuto a galla da provvedimenti istituzionali, a differenza di quanto accadeva nei decenni scorsi, quando i club (anche quelli titolati, vedi Bologna, Fiorentina, Parma, Napoli, Vicenza, Verona) venivano lasciati in balia dei loro problemi economici fino alle estreme conseguenze giuridiche?
“I decenni a cavallo dei due millenni sono stati funestati da numerosi fallimenti di club, in alcuni casi anche blasonati. E purtroppo la lezione non è stata del tutto appresa. Ecco perché serve una seria riforma di Sistema, al fine di rilanciare il nostro calcio, altrimenti sarà necessario ricorrere a misure d’emergenza che, però, alla lunga creano palesi disparità di trattamento!”.
Ultima domanda: a quali traguardi può ambire realisticamente il Napoli, ipotizzando che sulla panchina resti Antonio Conte per i prossimi 3 anni?
“Io spero che mr Conte resti a lungo, perché con lui possiamo aprire un ciclo. E se non accadrà nulla di imprevisto, ipotizzo che vinceremo altri scudetti. In ambito internazionale, penso che arrivare ai quarti di finale di Uefa Champions League sarebbe già un traguardo importante, ma abbiamo anche buone possibilità di vincere la nostra 3^ supercoppa nazionale, un trofeo sempre ambito. E poi sono convinto di una cosa: mr Conte darà tantissimo in un Napoli che ormai è un modello di calcio …non solo vincente, ma anche economicamente sostenibile”.
Luigi Gallucci
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(Fonti a supporto:
volume “Napoli Campo Centrale” – editore Urbone Publishing – copyright 2023;
siti web https://www.mastellone.eu/
https://www.calcioefinanza.it/2025/02/06/classifica-debiti-serie-a-2024-inter-juventus-milan/
https://www.calcioefinanza.it/2025/02/06/debiti-serie-a-classifica-squadre-inter-juventus-milan/
https://borsaefinanza.it/calcio-italiano-impatta-per-oltre-12-miliardi-sul-pil-ma-servono-stadi/
https://www.wallstreetitalia.com/in-manovra-la-norma-salva-calcio-ecco-cosa-prevede/
https://www.violanews.com/statistiche/dieci-anni-fa-spari-lac-fiorentina/
https://www.puntero.it/2024/12/15/parma-calcio-fallimento-tanzi-manenti/
https://www.sportflash24.it/116-anniversario-vicenza-calcio-nel-momento-difficile-205820
https://www.hellas1903.it/news/mirzakhanian-il-verona-nel-1991-fu-fatto-fallire/
https://www.hellastory.net/pages/speciali/fallimento.cfm
https://www.ilsole24ore.com/art/la-vecchia-societa-palermo-calcio-e-definitivamente-fallita-ACOaUAt )