
Mimmo Carratelli, laureato in giurisprudenza e decano dei giornalisti sportivi napoletani, attualmente firma articoli su “Roma”, “Corriere dello Sport – Stadio” e “Guerin Sportivo”. Oltre che per tali testate, a cui ancora oggi è particolarmente legato, in carriera è stato inviato speciale e redattore capo presso “La Gazzetta dello Sport” e “Il Mattino”. Al suo attivo, una decina di libri sulla squadra partenopea: “Caro Diego, 50 anni di Maradona”, “Il tango del Petisso”, “Ferlaino lo sceicco di Napoli”, “Elogio di De Laurentiis”, “Elogio del Pibe”, “Con Cavani si può sognare”, “Marek Hamsik il principe azzurro”, “La grande storia del Napoli” e, proprio di recente, l’opera “Orgoglio Napoli, le 20 conquiste azzurre” in abbinamento con “il fantastico quarto scudetto”. Infine, per la sua qualità nell’attività giornalistica, Carratelli ha ricevuto due premi: “Unione Stampa Sportiva Italiana” per il libro ‘Monaco 1972′ e “CONI” per ‘La storia della nazionale italiana di calcio’ pubblicata sul ‘Guerin’, periodico di cui è stato anche vice direttore.
Tribuna Stampa Sportflash 24:
incontro con una grande firma /
- Intervistare Mimmo Carratelli, ancora oggi brillantissimo patrimonio della tradizione giornalistica napoletana, è un po’ come sedersi in salotto con uno zio speciale e sfogliare con lui l’album dei primi 100 anni di calcio partenopeo, toccando ciò che, in termini di risultati e dinamiche pallonare, ha caratterizzato maggiormente, dal 1926 a oggi, “LA GRANDE STORIA DEL NAPOLI”, per citare il titolo di un suo riuscitissimo libro pubblicato nel 2007.
Dottor Carratelli, lei nasce nel 1934, l’anno in cui il Napoli esordisce in una competizione internazionale: la coppa dell’Europa Centrale. La prima partita allo stadio riesce a vederla dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale o i suoi parenti fanno in tempo a portarla prima sugli spalti?
“Prima partita, campionato 1950-51: l’Inter con Lorenzi, Skoglund, Nyers e Wilkes, 1° olandese volante. Amadei fu il grande acquisto del Napoli di quella stagione. Avevo 16 anni. Ho vissuto tutta l’epopea dello stadio del Vomero: le due vittorie sulla Juventus all’ultimo minuto (3-2 nel 1953 e 4-3 nel 1958) e le sfide contro il Milan del «Gre-No-Li». Ricordo che in una partita, sempre nel campionato 1950-51, il nostro difensore Vultaggio rimase attaccato alla maglietta di Nordahl (90 chili), che comunque se ne andò a segnare. Di quel periodo al Vomero, prima che nel 1959 venisse inaugurato il San Paolo, ho memoria anche di alcune invasioni di campo da parte dei tifosi, che talvolta si accalcavano nei pressi del terreno di gioco”.
In che periodo si è avvicinato al giornalismo e quando ha percepito che questo complicato ambito potesse rappresentare per lei una magnifica opportunità lavorativa?
“Dal 1951 ho lavorato con mio padre, autentico maestro, nella redazione napoletana del Giornale d’Italia. Passione immediata, tirocinio importante, pezzi stracciati e riscritti, i trucchi del mestiere, come si realizzavano titoli e sommari. Professionista al «Roma» dal 1960 dopo gavetta in cronaca, ospedali e sala stampa della questura; successivamente cronaca bianca e nera, passaggio allo sport nel 1966”.
Si è ispirato a qualche collega-modello, soprattutto nella fase iniziale, o nel raccontare i fatti ha seguito principalmente il suo intuito, unitamente alle regole auree del mestiere?
“Lettura attenta e serrata dei giornali, grande guida gli articoli di Egisto Corradi sul Corsera, indimenticabile la cronaca del Vajont, lo stile di Oriana Fallaci da copiare, poi Hemingway per il ritmo della frase e Marquez per la fantasia, naturalmente Montanelli letto e riletto per rubargli il segreto della scrittura giornalistica”.
Facciamo un giochino. Ascarelli, Lauro, Ferlaino, De Laurentiis: se da un podio ideale della storia presidenziale del Napoli lei ne dovesse buttare giù uno, a chi darebbe la cosiddetta “medaglia di legno” e perché?
“Sulla ‘torre’ aggiungerei Roberto Fiore, il presidente di Altafini e Sivori allenati dal Petisso. Mandare giù Lauro, che mischiava calcio e politica, non sarebbe però generoso”.
E per oro, argento e bronzo come si regolerebbe?
“Oro a Ferlaino, ci ho convissuto per più di 30 anni. Argento De Laurentiis. Bronzo Ascarelli, per non dimenticare il primo grande presidente che costruì lo stadio a sue spese e realizzò lo squadrone degli anni Trenta”.
Medaglia di legno e podio per gli allenatori storici del Napoli, “pescando” da questi XI: Garbutt, Pesaola, Chiappella, Vinicio, Bianchi, Bigon, Reja, Sarri, Gattuso, Spalletti, Conte.
“Pesaola è nel mio cuore con Ottavio Bianchi e Vinicio, e non dimentico Reja, gran signore, e il Sarri di una stagione entusiasmante. Medaglia di legno a Gattuso, ma con affetto”.
Direttori sportivi: Juliano, Allodi, Moggi, Marino. C’è qualcuno tra questi 4 che ha inciso più degli altri, se oggi, guardando l’albo d’oro, il Napoli è la squadra più scudettata d’Italia partendo dalla Toscana e scendendo fino alla Sicilia?
“Allodi costruì il primo Napoli da scudetto con Pierpaolo Marino, che è stato anche il protagonista della rinascita dopo il fallimento del 2004. Juliano portò Krol e Maradona e la nostra fu un’amicizia intensa”.
Cosa ha significato, per la storia del calcio Napoli, acquistare Diego Armando Maradona, il giocatore più geniale mai visto su un campo di calcio professionistico?
“Napoli vittimista e piagnona che si riscatta, vince, ma soprattutto gode di un calcio ‘fanciullo’ per la gioia che Diego dispensava sul campo, un’intesa sentimentale col Pibe che in nessun’altra città sarebbe stato quello che è stato a Napoli, «seconda mamma mia» diceva”.
Aurelio De Laurentiis, 21 anni da presidente: cosa ha rappresentato, secondo lei, fino a oggi nella storia del foot ball nazionale e internazionale?
“Nel calcio-azienda dei nostri tempi, il migliore imprenditore del settore: bilanci in ordine e successi sul campo, due scudetti sinora, senza avere un patrimonio miliardario”.
Ferlaino e De Laurentiis: capitani coraggiosi e intelligenti, ma ipotizziamo anche differenti su alcuni aspetti caratteriali e operativi che lei ci potrebbe delineare…
“Ferlaino più tifoso ‘carnale’, De Laurentiis più ‘freddo’ ed egocentrico”.
Nei 4 Napoli scudettati cambiano le epoche, i giocatori e, come ben sappiamo, ogni campionato fa storia a sé, ma la realtà è che, se in ognuna di queste 4 stagioni di Serie A gli Azzurri non ci avessero messo la qualità e la concretezza nei momenti cruciali, sarebbe sfumato tutto. Che ne pensa?
“Giocatori sempre primi protagonisti, ma Bianchi dovette gestire una situazione effervescente per la presenza di Maradona. Conte, invece, ha impresso al club una svolta da società-squadra più concretamente ambiziosa”.
Prima del Napoli, solo Juve, Inter, Milan, Torino e Bologna avevano vinto almeno 2 scudetti nell’arco di 3 campionati consecutivi di Serie A con girone unico. Come interpreta questo segnale nel contesto storico del foot ball italico?
“I cambi di proprietà e gestione, dai privati ai fondi di investimento, hanno privato Milan e Inter dell’antico aplomb vincente impersonato da Rizzoli, Berlusconi, Moratti. Anche alla Juventus, senza Agnelli è un’altra storia. Il Napoli virtuoso di De Laurentiis si è inserito da vincente in questo vuoto ‘dinastico’ dei club del nord”.
Quali sono state, secondo lei, le migliori stagioni della storia del Napoli, bilanciando risultati e qualità delle prestazioni?
“Il Napoli allenato da Vinicio che sfiorò lo scudetto, il Napoli spettacolare di Sarri, il Napoli di Garbutt (per averne letto e ascoltato i racconti di quelli che c’erano, l’ing. Carlo Di Nanni e Ninò Bruschini, giornalista che giocò nell’Internaples), il Napoli di Maradona e, naturalmente, le stagioni degli ultimi due scudetti”.
Secondo Giovanni Bruno, primo direttore di Sky Sport Italia, il Napoli scudettato di Conte è stato quello più concreto e più determinato che lui abbia mai visto. Lei conferma o smentisce, al netto del fatto che né Antonio né Spalletti hanno avuto il cosiddetto fuoriclasse indiscusso da poter schierare in campo…
“Conte è stato il protagonista assoluto dello scudetto 2025 con una ‘rosa’ all’osso, gli infortuni, la cessione di Kvaratskhelia e l’addio di Osimhen”.
In fase di non possesso palla, a quale altra squadra scudettata nella storia della Serie A lei paragonerebbe questo 1° Napoli di Conte, che con i suoi 27 gol presi in 38 gare non è stato solo il miglior reparto di retroguardia dei primi 7 campionati nazionali del calcio europeo, ma anche la migliore difesa della stessa storia azzurra nella Serie A con 20 squadre?
“Penso alla Juve di Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini. Ma vorrei ricordare anche il Napoli con Zoff, Ripari, Pogliana, Zurlini, Panzanato, Bianchi, Monticolo (allenatore Chiappella): 18 gol subiti sul campo (poi diventati 19 per uno 0-2 a tavolino) in trenta partite di Serie A 1970-71, ma fu solo terzo posto (allora una gran conquista, dietro la scudettata Inter e il Milan)”.
Tra il 2023 e il 2025, due Tricolori Azzurri in 24 mesi. Quali i fattori e i momenti-chiave che hanno marcato più di altri questo storico percorso, trionfale sì, ma non privo di difficoltà?
“L’arrivo di Spalletti, prezioso per la sua esperienza in Russia (campionato sospeso d’inverno): vinse lo scudetto con una partenza-razzo prima dell’interruzione del campionato per il Mondiale in Qatar (20 novembre-18 dicembre), prendendo un vantaggio gestito nel girone di ritorno con la squadra in calo. In quella stagione arrivarono Kvaratskhelia, Kim e Raspadori e c’era già Osimhen super-cannoniere. Le partite che dettero la sensazione dello scudetto furono la vittoria a Bergamo (in rimonta da 0-1 a 2-1) e il 5-1 casalingo alla Juventus. Poi, gli errori di valutazione di De Laurentiis dopo la «fuga» di Spalletti determinarono il crollo della squadra campione. Con Conte, partita-svolta per lo scudetto ancora a Bergamo, quando il Napoli batté l’Atalanta, tra le candidate alla vittoria finale, rimontando nel 1° tempo da 0-1 a 2-1 e siglando nella ripresa il gol del 3-2 definitivo, dopo la rete del momentaneo 2-2 dei padroni di casa. All’andata, quella stessa Atalanta aveva massacrato il Napoli al Maradona”.
Alla fine del campionato di Serie A 2024-25, un verdetto di classifica dal “sapore cestistico”: Napoli 82 punti, Inter 81. Quale chiave di lettura ci fornisce Mimmo Carratelli rispetto a questo punto che ha fatto una storica (ma anche stoica) differenza?
“Il Napoli è stato più compatto e resistente nel finale. All’Inter è forse successo qualcosa, tant’è che Inzaghi, ancor prima della finale Champions, aveva deciso di concludere la sua permanenza sulla panchina milanese”.
Napoli 3 ottobre 1926, campionato di 1^ Divisione Nazionale, prima giornata: A.C. Napoli-Internazionale 0-3. Da quel giorno, e per quasi un secolo, come è verificabile da una nostra scheda storica, nelle sfide contro il Biscione, soprattutto a San Siro, è quasi sempre “croce neroazzurra”. Lei ritiene che, con la gioia di questo scudetto sfilato all’Inter sul “filo di lana”, il Napoli abbia pareggiato i conti in qualche modo?
“Con l’Inter un solo episodio accese gli animi, la sconfitta del Napoli a San Siro datata 21 marzo 1971: azzurri in vantaggio con Altafini e l’interista Burgnich espulso nel primo tempo, si giocava per lo scudetto. Nell’intervallo, Sandro Mazzola, come ha poi rivelato lo stesso giocatore 40 anni dopo, entrò nello spogliatoio dell’arbitro Gonella, violando il regolamento. E nel 2° tempo la direzione di gara cambiò, facilitando il 2-1 dell’Inter”.
La storia ci indica che in quel match del ‘71, valido per la 22^ giornata, i punti in palio erano molto pesanti. In campo scesero l’Inter di mr Invernizzi (2^ a quota 31 e a -1 dalla capolista Milan del ‘Paròn’ Rocco) e il Napoli di mr Chiappella, 3° con 29. Si può dire quell’ episodio, date le dinamiche attraverso le quali maturò la rimonta interista, indirizzata da decisioni arbitrali molto borderline, abbia rappresentato un’amarezza senza confronti rispetto a tutti gli altri stop subiti in casa dei neroazzurri?
“Proprio così”.
Uno sguardo al futuro: dove può arrivare il Napoli nei prossimi 3 anni, ipotizzando che sulla panchina resti mister Antonio “Conte-Dracula”, per usare una battuta arguta del collega Beccantini?
“Stabilmente in lotta per lo scudetto. In Europa il gap resta alto, ma per tutte le squadre italiane”.
Calcio e “macchinette”: dalla goal line tecnology del 2012 alle body-cam arbitrali del 2025, passando per il VAR del 2017 e il fuorigioco semiautomatico del 2022. In un’Italia in cui imperversano campanili, polemiche, dietrologie e deleteri complottismi, quanto ritiene utile l’uso della tecnologia nelle competizioni di foot ball?
“La tecnologia, che ha invaso ogni campo, è inevitabile. Nel calcio (televisivo) ha corretto molti errori, ma poi è sempre l’uomo, usandola, che decide e così gli errori ci saranno sempre”.
Bilanci e solidità economica: nel calcio italiano di Serie A, chi non ha i conti in ordine sembra avere gli stessi diritti di chi li tiene in maniera perfetta. Non è che, attraverso la materializzazione di un trend del genere, si sacrifica l’etica sportiva in favore dello “show business”, con buona pace degli operatori che puntualmente danno “a Cesare quello che è di Cesare”?
“Il danaro è tutto, e sempre più presente e massiccio, cancellando ogni traccia del calcio romantico, ‘a misura d’uomo’. Dalle grandi istituzioni internazionali ai club più potenti il danaro incide e decide. I campionati sono falsati dalla sleale concorrenza di chi trucca i bilanci e i calciatori, tranne qualche eccezione, ‘corrono’ dove gli ingaggi sono più alti, mettendo da parte, ogni spirito di appartenenza”.
Secondo lei, dove si sta dirigendo il treno-calcio, zavorrato da un calendario stagionale comprendente per i club – mediamente – i campionati di Lega a 20 squadre, le coppe e le supercoppe nazionali ed europee, nonché, in relazione alle Nazionali, le qualificazioni ai Mondiali o agli Europei e i gironi biennali di Nations League, con annesse fasi finali dei 3 eventi?
“Si va autodistruggendo e manca una voce forte dei calciatori per porre fine al massacro di loro stessi”.
Mondiali e nazionale italiana: secondo lei, c’è un modo per uscire dal “buco nero” delle mancate qualificazioni nel quale ci siamo infilati nel 2017?
“Non nascono più talenti anche perché, probabilmente, la vita è cambiata. I ragazzi, in generale, hanno altre passioni. E quelli che fanno calcio vogliono tutto e subito, spesso pressati dai genitori. Non so che cosa succede nei centri federali. Ragazzi stranieri vengono reclutati nelle giovanili, l’Italia calcistica si impoverisce sempre più. A ciò aggiungiamo problemi riguardanti strutture, insegnamento, sacrificio, etica…e il ‘buco nero’ resta. Poi si può tornare al Mondiale con una qualificazione fortunata, ma per fare che cosa nella fase conclusiva?”.
Passiamo ad altro. Cosa conserverebbe e cosa eliminerebbe Mimmo Carratelli in relazione al linguaggio del racconto calcistico dell’oggi?
“Il linguaggio è diventato soprattutto televisivo. Eliminerei gli urli facili e le saccenterie. Sulla carta stampata salvo il gusto di raccontare il calcio emozionando il lettore”.
Quali consigli per la lettura darebbe a un ragazzo che vuole approfondire la cultura del foot ball?
“Per cominciare, ‘Storia critica del calcio italiano’ di Gianni Brera, ‘Storia del calcio in Italia’ di Antonio Ghirelli, ‘Intervista sul Calcio Napoli’ di Ghirelli e Maurizio Barendson. Infine, le numerose pubblicazioni della Newton Compton Editori”.
Dove si possono reperire tali volumi?
“Nelle librerie oppure cercandoli attraverso internet”.
C’è qualcosa di cui Mimmo Carratelli vorrebbe ancora narrare, magari in un prossimo libro?
“C’è sempre da raccontare come Napoli cambia, e sta cambiando moltissimo, anche sulla scia del calcio”.
Concludiamo con un “se fosse” in 4 domande. Se il dottor Mimmo Carratelli fosse ai vertici dello sport italiano, cosa inserirebbe in via prioritaria nella sua agenda?
“Un maggiore riconoscimento e sostegno per gli atleti di quegli sport di sacrificio che hanno poca vetrina sui media e di cui celebriamo le vittorie alle Olimpiadi e ai Mondiali e poi «scompaiono»”.
Se, da fanta-commissario tecnico, dovesse scegliere un’ipotetica nazionale italiana all time, quale XI metterebbe in campo?
“Zoff; Burgnich, Facchetti; Tardelli, Luis Monti, Eusebio Castigliano; Causio, Rivera, Paolo Rossi, Valentino Mazzola, Riva”.
E se, invece, fosse il fanta-commissario tecnico della formazione del Resto del Mondo all time contrapposta agli azzurri, chi schiererebbe?
“Beara; Suurbier, Briegel; Falcao, Beckenbauer, Krol; Garrincha, Bobby Charlton, Di Stefano, Maradona, Cruijff”.
Se, infine, le dessero la possibilità di giocare gratuitamente al fantacalcio con la squadra del Napoli all time, su quali titolari punterebbe?
“Zoff; Bruscolotti, Ferrara; Bagni, Ferrario, Renica; Canè, Juliano, Giordano, Maradona, Pesaola”.
Luigi Gallucci
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(Fonti a supporto
Volume “LA GRANDE STORIA DEL NAPOLI – Dal 1926 al 2007, anno per anno, tutto sulla squadra azzurra” – Autore Mimmo Carratelli – Editore Gianni Marchesini.
https://storiedicalcio.altervista.org/blog/sandro-mazzola-e-il-blitz-in-inter-napoli-del-71.html