UDINE, MAGGIO 1985: PROVE TECNICHE DI …SCUDETTO E MANO DE DIOS
- Il primo Udinese-Napoli che in qualche modo “profuma” di scudetto è quello del 12 maggio 1985. Allo stadio Friuli (oggi Dacia Arena) nella 29^ giornata di Serie A finisce 2-2. Per la cronaca, il pari permette agli ospiti di consolidare l’8° posto in classifica dopo una partenza difficile e ai padroni di casa di completare la missione salvezza. La gara, però, passa alla storia anche per altri motivi.
Innanzitutto, viene ricordata per un decisivo gol di mano di Maradona, “prova tecnica” di ciò che sarebbe accaduto ai quarti di finale della Coppa del Mondo il 22 giugno 1986 durante il match Argentina-Inghilterra 2-1, partita in cui tra il 6° e il 10° minuto del secondo tempo vengono cristallizzati parametri assoluti di furbizia e genialità del Pibe de Oro nato a Lanus. E, per ironia del destino, il precedente rispetto alla “MANO DE D10S” spuntata fuori allo stadio Azteca di Città del Messico risale, appunto, a 13 mesi prima e a quel palpitante finale di gara di Udinese-Napoli. Al 43° del secondo tempo, con i padroni di casa in vantaggio per 2-1, l’infrazione, commessa da Diego in area di rigore avversaria dopo una respinta della traversa su tiro del suo connazionale di Bahia Blanca Daniel Bertoni, non viene vista dall’arbitro foggiano Giancarlo Pirandola e la contesa va in archivio con un pareggio e qualche accesa polemica nel tunnel degli spogliatoi. “Robe di campo”, si dice ancora oggi a proposito di determinate dinamiche pallonare. Proprio quell’episodio, però, provoca una grande amarezza tra i friulani e anche in un 32enne brasiliano di Rio De Janeiro, Arthur Antunes Coimbra, detto Zico, superstar del Flamengo campione di Libertadores e Coppa Intercontinentale 1981, nonché fuoriclasse della nazionale brasiliana in tre Mondiali (1978, concluso col terzo posto, 1982 e 1986) e uomo di punta dell’Udinese nel biennio 1983-1985, in cui colleziona 40 presenze e 22 gol in gare di campionato.
Inoltre, quell’incontro del 12 maggio ha tra i protagonisti, nel gruppo friulano, il bomber della provincia di Latina Andrea Carnevale, colui che 24 mesi dopo, vince il Tricolore proprio con gli azzurri di Maradona, e Luis Vinicio, l’allenatore brasiliano di Belo Horizonte che col Napoli stagione 1974-75 arriva 2°, a due punti di distacco dalla Juve campione d’Italia.
Tra i partenopei, invece, quel giorno sono presenti in formazione ufficiale 7 dei futuri scudettati: Raffaele Di Fusco, casertano di Riardo, Giuseppe Bruscolotti, salernitano di Sassano, Moreno Ferrario, milanese di Lainate, Raimondo Marino, siciliano di Messina, Costanzo Celestini, napoletano dell’isola di Capri, Luigi Caffarelli, napoletano di Casoria, e… il Pibe de Oro.
La squadra è allenata dal milanese di san Giuliano mr Rino Marchesi, colui che nell’annata agonistica 1980-81 porta la compagine partenopea a lottare per il titolo fino a 5 giornate dalla fine e a chiudere il campionato al 3° posto, alle spalle di Juve (1^) e Roma (2^).
MARINO, UDINESE E NAPOLI NEL DESTINO - Direttore sportivo di quel Napoli è, sin dal 1984, il giovane manager avellinese Pier Paolo Marino, il quale proprio in Friuli, nella finestra del cosiddetto “calciomercato di riparazione” di ottobre 1986, mette a segno un’intelligentissima mossa di mercato, andando a prendere dalla Triestina un 26enne napoletano di Saviano, Francesco Romano, detto Ciccio, mediano-equilibratore di quel team partenopeo che pochi mesi dopo, nel maggio 1987, va a conquistare il suo 1° tricolore della storia calcistica.
Pier, dopo aver contribuito al trionfo del Napoli, a sua volta nei successivi lustri matura anche altre importanti esperienze dirigenziali con Roma, Avellino e Pescara e nell’estate 1999 approda proprio all’Udinese.
Già pupillo all’ombra del Vesuvio del manager vicentino di Asiago Italo Allodi, il brillante irpino Pier in Friuli, in qualità di direttore generale, costruisce fino alla stagione 2003-04 il gruppo portante della squadra in grado di raggiungere, al termine dell’annata di Serie A 2004-05 e proprio con mr Luciano Spalletti in panchina, un prestigioso 4° posto e, di conseguenza, una storica qualificazione al playoff agostano di Uefa Champions League; un piazzamento, tra l’altro, ben “utilizzato” dal nuovo mister bianconero Serse Cosmi, il perugino di Ponte San Giovanni che a sua volta, dopo aver superato il “preliminare” contro i portoghesi dello Sporting Lisbona, si qualifica alla fase a gironi e giunge 3° in un gruppo C che comprende gli spagnoli del Barcellona (vincitori del trofeo nei mesi successivi), i tedeschi del Werder Brema (secondi ed eliminati negli Ottavi dalla Juve) e i greci del Panathinaikos Atene (ultimi in graduatoria).
Pier Paolo Marino, però, dopo aver dato il massimo in quella fase in Friuli, sul finire dell’estate 2004 lascia l’Udinese per iniziare, sempre in qualità di direttore generale, il percorso tecnico del nuovo Napoli a guida Aurelio De Laurentiis. In pratica, con un presidente che sa fare sì impresa, ma che è un neofita dei complessi meccanismi che regolano la vita interna di un club, Pier, con i suoi 20 anni di esperienza nel settore, rientra nel Calcio Napoli dopo 17 anni di assenza…e sempre dalla porta principale, cioè come mente pensante e operativa del 1° quinquennio della ricostruzione tecnica partenopea, quello che dalla stagione agonistica 2004-05 a quella 2008-09 riesce a scalare il ranking del calcio nazionale dalla Serie C, livello dal quale era stato costretto a ripartire il Napoli dopo il fallimento dell’estate 2004, fino a raggiungere la “B” nel giugno 2006 e la “A” 12 mesi dopo.
NAPOLI CAMPO CENTRALE ANCHE IN EUROPA – Altro elemento fondamentale del quinquennio 2004-2009 diretto da Marino è il riaffacciarsi della SSC Napoli sulla scena pallonara internazionale. Dopo 14 anni di assenza dalle competizioni continentali, grazie all’8° posto raggiunto in “A” nella stagione 2007-08, annata agonistica che sancisce il definitivo ritorno del club azzurro sul grande palcoscenico nazionale, arriva la qualificazione al tabellone di Intertoto Uefa, nel quale il Napoli debutta nell’estate 2008 nella sessione di 3° turno. Il superamento di quel doppio confronto andata-ritorno contro i greci del Panionios Atene (1-0 domenica 20 luglio allo stadio Nea Smyrni con gol di Mariano Bogliacino, uruguaiano di Colonia del Sacramento, e 1-0 sabato 26 al San Paolo con rete di Marek Hamsik, slovacco di Banska Bystrica), permette agli azzurri l’accesso allo spareggio che vale la qualificazione al tabellone principale della Coppa Uefa 2008-09, tra l’altro l’ultima stagione in cui il trofeo viene messo in palio con la dicitura originaria, prima della sua ridenominazione in Uefa Europa League.
A seguito del sorteggio del 2° turno preliminare, il club di De Laurentiis viene abbinato agli albanesi del Vllaznia. Giovedì 14 agosto, nel match disputato a Scutari, il Napoli vince per 3-0 (doppietta di Inacio Pià, brasiliano di Ibitinga, e rete di German Denis, argentino di Lomas De Zamora). Due settimane dopo, il giorno 28, la squadra partenopea s’impone al San Paolo addirittura per 5-0 (gol di Pià, Ezequiel Lavezzi, argentino di Villa Gobernador Galvez, e Hamsik, seguiti a una doppietta del palermitano Leandro Rinaudo).
E così, dopo 14 anni di assenza, il nuovo approdo al tabellone della Coppa Uefa non può essere più nobile ed emozionante di quello che gli para davanti il sorteggio continentale. L’unica tra le 40 sfide di quel “main draw” di 1° turno che oppone 2 squadre già trionfatrici in passato in competizioni Uefa… è proprio quella che vede impegnate Napoli e Benfica Lisbona. All’andata, il 18 settembre allo stadio San Paolo, gli azzurri s’impongono per 3-2. Per i partenopei, gol di Luigi Vitale, napoletano di Castellammare di Stabia, Denis e Christian Maggio, vicentino di Montecchio Maggiore. Per i lusitani, reti di Suazo e Luisao. Nel 2° e decisivo incontro, disputato al Da Luz il 2 ottobre e terminato 2-0 per i portoghesi grazie alle segnature di Antonio Reyes e Nuno Gomes, il club 2 volte campione d’Europa negli Sessanta ribalta il punteggio di Fuorigrotta e, con un 4-3 complessivo, si qualifica alla fase a gironi del torneo. Bilancio azzurro: 6 incontri, 5 vittorie e 1 – fatale – sconfitta. Niente male, dato il percorso iniziato 4 anni prima. E a questo punto, proprio in funzione di ciò, si può tranquillamente affermare che da parte di Pier Paolo Marino viene lasciato un segno “globale” rispetto al proprio operato. Pochi mesi prima di interrompere il suo rapporto con il club, il dirigente irpino raggiunge, infatti, l’ultimo traguardo significativo del suo “lustro” in azzurro: riportare il Napoli anche sulla ribalta Uefa, dopo aver tessuto sagacemente le fila per allestire negli anni rose di giocatori qualitativamente sempre più alte e, quindi, in grado di ambire alla legittima risalita nel ranking del calcio nazionale e internazionale.
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