Antonio Conte batte, per ora, il suo passato recente. Il Napoli attuale, in vetta alla classifica provvisoria di Serie A 2024-25 al primo anno in cui il tecnico salentino ha preso la guida tecnica del gruppo, dopo le prime 10 giornate parte meglio del “suo” Chelsea (vincitore della Premier League nel 2017) e della “sua” Inter (campione d’Italia nel 2021 al termine di un intenso biennio di lavoro in quel di Appiano Gentile).
Tralasciando il periodo di mr Conte alla Juve, nel quale conclude comunque il triennio 2011-2014 con ben 3 scudetti, i dati più recenti, e quindi a nostro avviso maggiormente attendibili in relazione al suo background, indicano che Antonio in azzurro sta vivendo una nuova fase di crescita personale. Mai, negli ultimi 7 anni, gli era riuscita una partenza di questo genere dopo 10 turni: 1° in graduatoria con 4 punti di vantaggio sulla seconda e un trend di 1 sconfitta e, successivamente, 9 risultati utili (8 vittorie e 1 pari). La Serie A, come ben sappiamo, è una competizione molto equilibrata, in cui tutto può cambiare nel giro di poche domeniche, dato anche il blasone di chi insegue i partenopei, ma di certo la partenza sprint di mr Conte e dei suoi ragazzi non può non essere evidenziata. I motivi sono sia tecnici che psicologici. In questi primi 4 mesi di lavoro, il tecnico salentino ha operato sul gruppo azzurro in più direzioni.
In fase di non possesso palla, ricerca ossessiva della compattezza sia nelle distanze tra i reparti sia tra i singoli giocatori in campo, alternanza di difese con sistemi 4-5-1 e 5-4-1 in base alle tipologie di attacchi portati dagli avversari di turno, esercitazioni sulla lettura anticipata delle giocate del contendente, capacità di correre all’indietro in modo maggiormente sincronizzato per evitare contropiedi devastanti, ma anche tendenza ad aggredire alto con razionalità, dinamicità e continuità nel tentativo di rubare palla e far gol. Atteggiamento, quest’ultimo, non sempre utilizzato, ma nelle “corde” dei suoi giocatori. E le cifre per ora parlano da sole. Dopo la scoppola dello 0-3 di Verona, 9 gare con due soli gol presi (uno su azione e uno su rigore) e miglior difesa del torneo con 5 reti incassate in totale.
In fase di possesso, alternanza di sistemi 3-4-2-1, 4-3-3, 4-3-2-1 e 4-2-3-1, tendenza a giocare in verticale e a sfruttare gli spazi sia sulle fasce che per vie interne e utilizzo di molteplici armi offensive, tra cui i lanci lunghi dei difensori centrali (Rrahmani e Buongiorno), gli inserimenti delle mezze ali di centrocampo (Anguissa e McTominay) e dei terzini (Di Lorenzo e Olivera) a sostegno delle cosiddette “seconde punte” (in genere, Kvara a sinistra e Politano a destra); queste ultime in grado di “fraseggiare” con i compagni di fascia (da un lato Olivera e Mc Tominay e dall’altro Di Lorenzo e Anguissa) e con la 1^ punta (tendenzialmente Lukaku), ma anche libere di accentrarsi, sfruttando talento personale e possibili spazi in orizzontale al fine di liberare, dal limite dell’area di rigore, velenosissimi tiri a giro di interno piede che talvolta fanno molto male ai portieri. Per info, citofonare Maignan…e non solo lui.
Nel complesso, 18 gol realizzati e migliore differenza reti nel torneo (+13). In media, 2 a match, fatta eccezione per l’esordio del Bentegodi, e tanti saluti agli amatori di quell’abusato possesso palla che in Italia, data l’alta densità dei difensori nelle aree di rigore, spesso si traduce nel nulla cosmico.
Dal punto di vista mentale, infine, Antonio Conte sta lavorando sulla continuità, sulla concentrazione …e sull’autostima dei suoi calciatori. E alcuni risultati tangibili, dati alla mano, si stanno vedendo; anche se giustamente lui, da esperto del suo mestiere, spiega e rispiega nelle varie conferenze stampa che ci vogliono mesi e mesi di lavoro per trasferire ai ragazzi tutto il background (certamente ampio) che serve per poter puntare non solo ad arrivare al Vertice ma anche a restarci.
In tale contesto, però, va fatto un parallelo. Lui e mr Spalletti negli ultimi 3 anni solari hanno avuto un’intuizione comune. Hanno accettato di venire ad allenare il Napoli fidandosi più del presidente Aurelio De Laurentiis e delle qualità dei giocatori che sapevano di trovare in loco (al netto di ulteriori rinforzi giunti per entrambi) che dei cali psicologici evidenziati dai players azzurri nei tempi recenti: flessioni pagate a suon di risultati e titoli sfumati talvolta per un soffio. Del resto, essendo sia Spalletti che Conte due personalità forti e molto abili ed esperte a dialogare con tutti i ragazzi del gruppo, hanno dato subito l’impressione di poter fare qualcosa di importante. E così Spalletti, dopo aver preso in mano una compagine arrivata quinta e delusa da un piazzamento Champions rincorso per molti mesi e sfumato nella primavera 2021 solo all’ultima giornata in modo shocking, quasi surreale, l’ha portata prima a sfiorare il tricolore (3° posto nel 2022) e poi a centrare lo scudetto nel 2023, il primo dell’Era De Laurentiis e il 3° in assoluto nella storia del club. E ora, dopo la dolorosa transizione-involuzione agonistica e tattica 2023-24 conclusa con un inaspettato (ma non immeritato) 10° posto in Serie A che ha visto la staffetta tra ben 3 allenatori in 38 gare di campionato (Garcia, Mazzarri, Calzona), ecco il nuovo percorso tecnico iniziato da mr Conte. Lui, fidandosi di giocatori campioni d’Italia nell’anno precedente, ha chiesto e ottenuto che restassero in Rosa a Castel Volturno ben 12 scudettati del 2023: il portiere Meret, i difensori Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus e Olivera, i centrocampisti-chiave Anguissa e Lobotka e gli attaccanti Kvaratskhelia, Politano, Raspadori, Simeone e Zerbin. E poi, grazie ai buoni affari conclusi nel calciomercato estivo, mr Conte ha avuto la possibilità di rinforzare la Rosa con ben 7 nuovi elementi: i difensori Buongiorno, Spinazzola e Rafa Marin, i mediani McTominay e Gilmour, primi due scozzesi “sbarcati” a Napoli in 98 anni di storia del club partenopeo, e gli attaccanti Romelu Lukaku e David Neres. A essi, per onor di cronaca, vanno aggiunti, infine, 4 calciatori che erano già di proprietà del Napoli e che con la guida di “Andonio” sicuramente possono fornire un valido supporto al team. Ci riferiamo, ovviamente, al giovane portiere Caprile (ex Empoli), al mediano Folorunsho (ex Bari e Verona) e ai due acquisti del mercato di gennaio 2024, il difensore Mazzocchi e l’attaccante Ngonge.
Fatto il gruppo, trovata una nuova e convincente armonia nello spogliatoio dopo il trasferimento della punta Osimhen, attualmente in prestito ai turchi del Galatasaray, la capolista provvisoria della Serie A si appresta a guardare agli ardui impegni che l’attendono senza l’ansia di dover per forza vincere il match successivo pena il serio rischio di essere scavalcata in classifica. Intendiamoci, non un elemento che possa portare un clamoroso vantaggio sulle dirette e agguerrite inseguitrici (quartetto formato da Inter, Atalanta, Fiorentina e Lazio), ma nemmeno un fattore da tralasciare del tutto, in termini di tranquillità mentale, per un team che in passato talvolta ha subito la pressione della prestazione.
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(2 – Fine. Speciale a cura di Luigi Gallucci)