Italia
Senza la fame, la voglia interiore di arrivare, il talento ad un certo punto si ferma, creando una sorta di opera incompiuta. I capitali? Gli sponsor? Beh, c’entrano sicuramente, ma in genere non in modo clamoroso, perché prima di tutto viene la voglia di allenarsi, di migliorare ogni giorno, di provare a limare i propri difetti anche se nel calendario ci sono segnate le feste di Natale, Pasqua e Ferragosto, oltreché gli allettanti ponti di Carnevale, Liberazione, 1° maggio, 2 giugno, Halloween-Ognissanti e Immacolata. Insomma, la ‘voglia di lavorare’ non arriva come pacco-omaggio insieme al bonifico della sponsorizzazione del marchio tal dei tali. E’ un qualcosa che si ha dentro…oppure no.
Il virus generato dal guadagno facile – che ha frenato i risultati di intere generazioni di tennisti e sciatori italiani delle ere ‘post Panatta-Barazzutti’ e ‘post Tomba-Compagnoni’ e almeno le ultime 2 del calcio nazionale (fase post Buffon-Cannavaro-Gattuso-Pirlo-Totti-Del Piero) – in questi ultimi mesi sembra, però, essersi arrestato nei suoi effetti più deleteri. A bloccarlo, prima che arrivassero a ‘certificarlo’ delle incoraggianti prestazioni sul campo (perché di questo si tratta, al netto di alcune indimenticabili performances di una generazione di mezzo comprendente Schiavone, Pennetta, Vinci, Errani, Fognini, Fill, Paris, Goggia, Brignone, Rocca, Innerhofer e i fratelli Moelgg), probabilmente ci ha pensato un potente antivirus non presente in commercio: la presa di coscienza del senso di precarietà totale, vissuto dai cosiddetti Millennials (italiani ma non solo); detto in altre parole, quella condizione umana di incertezza che ha investito sempre di più gli interattivi e/o iperconnessi adolescenti occidentali dall’inizio degli anni ’90 in poi, quella fascia di persone che ha portato i sociologi a parlare di ‘GENERAZIONE ZERO…o 2000′. Per la serie, arrivati al capolinea in un società permeata da finto benessere, i ragazzi più sensibili si sono resi conto che qualcosa non andava, che il giocattolo si era rotto, che non bastava schiacciare un tasto del telefonino o della playstation per realizzarsi nella vita (sport incluso).
E così si sono messi a fare sacrifici, ma per davvero, come forse non ne avevano mai fatti mediamente almeno nei primi 10 anni della loro vita. Ed ecco che, come d’incanto, stanno crescendo in fretta, probabilmente perché hanno capito che, specchiarsi solo nel loro talento, non li porterà a diventare veri numeri 1.
Nel contesto italico, i segnali molto interessanti arrivano, nello specifico, da ragazzi tra i 17 e 24 anni: le sciatrici dell’Alpino Nicole Delago (22enne e recentemente 2^ in una gara di Coppa del Mondo) e Marta Bassino (23enne ex campionessa mondiale junior di Gigante e già con 5 podi al suo attivo in CdM tra il 2017 e il 2019), il tennista Jannik Sinner, vincitore questo mese del Masters mondiale under 21 ‘Next Gen’ …a soli 18 anni e attuale (nonché precoce) n° 83 della classifica mondiale Atp, il 23enne tennista Matteo Barrettini, semifinalista Us Open Slam, n° 8 Atp, nonché unico italiano a vincere una partita al Masters Atp ‘classico’ in 50 anni di professionismo, e, infine, alcuni ragazzi della Nazionale Under 20 di calcio, un gruppo che nel 2017, dopo 40 anni di attesa, ha portato per la prima volta l’Italia sul podio in questo torneo, concluso al 3° posto. Tra essi il miglior bomber di quell’edizione coreana, l’attaccante Riccardo Orsolini, e il mediano Nicolò Barella, andati in gol entrambi ieri, nemmeno a farlo apposta, in Italia-Armenia 9-1 disputata a Palermo, al pari di altri giovani di talento come il 20enne Nicolò Zaniolo e il 22enne Federico Chiesa, questi ultimi due schierati ieri da Mancini ma non presenti nel gruppo medagliato in Corea del Sud.
La generazione che sta arrivando e che, da quanto percepiamo dall’esterno, sembra avere finalmente ‘FAME di successo’, comprende anche il 21enne attaccante Patrik Cutrone, i portieri Gigio Donnarumma (20 anni) e Alex Meret (22), il 24enne mediano Stefano Sensi, il 24enne difensore Alessio Romagnoli, il 17enne attaccante Sebastiano Esposito e il 21enne mediano Manuel Locatelli. Magari tra qualche mese speriamo di poter aggiornare questo elenco. E, in tale ambito, qualcosa già si intravede. Da italiani, stanchi di veder emergere a 18-20 anni solo fenomeni di altre nazioni, ne sentiamo il bisogno. Per anni ci siamo posti sempre la stessa domanda. Ora, però, probabilmente abbiamo trovato la risposta esatta.
Ex Jugoslavia e Grecia
La storia, come ci ha insegnato 3 secoli fa l’intellettuale napoletano Gian Battista Vico, è fatta di corsi e ricorsi, di situazioni che, sebbene siano distanti tra loro nello spazio e nel tempo, hanno degli elementi di affinità. Circa 15-20 anni fa, ad esempio, veniva su molto bene la generazione di certi talenti croati e serbi, nonostante i gravissimi problemi socio-economici, etnici e religiosi generati dal disfacimento dei Paesi dell’Est e dalla successiva guerra nei Balcani, vedi i croati Lukas Modric (Pallone d’oro e Argento mondiale con una intera nazionale di calcio), Marin Cilic (vincitore di 1 Us Open Slam, ex n° 3 Atp e Davis Man) e i fratelli Janica e Ivica Kostelic (entrambi giunti sul tetto del mondo nello sci) e, tra i serbi, i tennisti Nole Djokovic (Mr 16 Slam, n° 1 Atp per ben 275 settimane e Mr Davis Man con la squadra della sua nazione) e Ana Ivanovic (ex campionessa Slam Roland Garros ed ex n° 1 Wta).
Infine, sempre a proposito di corsi e ricorsi, da altri scenari piuttosto complicati in ambito socio-economico e civile viene fuori in queste ultime 48 ore …nientemeno che il nuovo Maestro del tennis Mondiale 2019, il 21enne greco Stefanos Tsitsipas, guarda caso un ‘Millennials’, nonché attuale n° 6 Atp e già campione annuale al Masters Next Gen Atp 2018, evento in cui il 9 novembre scorso ha trionfato, invece, il nostro Sinner.
La chiusura del cerchio
Tra le condizioni di precarietà …in cui si sono dovuti barcamenare i Djokovic, i Cilic, i Kostelic e tanti altri loro coetanei nati nel vecchio “Blocco dell’Est “che, pur non essendo arrivati sul tetto del mondo, hanno avuto modo comunque, attraverso lo sport, di costruirsi un’identità …e quelle avvertite dai ragazzi Millennials …non c’è probabilmente, a nostro avviso, troppa differenza. “Meditate” sportivi, direbbe il noto Renzo Arbore. Luigi Gallucci
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