Gaiba Rovigo/ Luca Bottazzi su Sinner, Paolini,

A sinistra, il professor Bottazzi colpisce un dritto ‘piatto’, cioè senza rotazione in top spin. A destra, uno dei partecipanti allo stage dello scorso week end al Gaibledon. (Foto: Luigi Gallucci Tennis Club Gaiba 22 settembre 2024)

GAIBLEDON ROVIGO: INTERVISTA AD AMPIO RAGGIO AL PROFESSOR LUCA BOTTAZZI, DOCENTE DI TENNIS ALL’UNIVERSITA’ DI MILANO, NONCHE’ AUTORE DI TESTI IN MATERIA ED EX PROFESSIONISTA DEL CIRCUITO ATP /

Il professor Luca Bottazzi per la prima volta a Gaibledon, il tennis club di Gaiba, in provincia di Rovigo, che dal 2022 a oggi ospita il WTA Veneto Open, 1° e unico torneo italiano su erba naturale inserito nel circuito professionistico annuale.
Avendo calcato prestigiosi prati britannici da giocatore del circuito ATP negli anni Ottanta, nell’ultimo fine-settimana Bottazzi ha diretto sui courts del Polesine uno stage per tennisti che puntano a perfezionare il loro gioco con un coach d’eccezione. A margine di quest’esperienza, gli abbiamo chiesto le sue sensazioni: “L’erba – esordisce Bottazzi – la conoscevo già, avendo avuto la fortuna di giocare a Wimbledon, al Queen’s e a Eastbourne, però erano tanti anni che non giocavo su questa superficie e devo dire che questa esperienza qui a Gaiba, su questi campi, è stata quasi ‘religiosa’, per dirla con le parole di David Foster Wallace, un grande scrittore che si è anche appassionato di tennis”.

Chi, secondo lei, tra i giocatori top player attualmente è il più adatto a prendere il testimone dei big 3 (Federer, a cui Wallace nel 2006 ha dedicato un volume, Nadal e Djokovic)?

In realtà, siamo appena entrati nell’era dei big 2. Quest’anno il nostro Jannik Sinner e lo spagnolo Carlos Alcaraz hanno raccolto (in termini di titoli Slam, N.d.R) un’eredità molto pesante, perché ribadire le gesta di quei tre giocatori lì penso sia impossibile, in quanto vantano insieme, a tutt’oggi, 66 trofei Slam in singolare. A livello di record, quindi, non c’è discussione che tenga; però in termini di interesse mondiale si divideranno la torta nei prossimi anni. Ora c’è da vedere se ci sarà qualche ‘terzo incomodo’, qualche attacco al vertice da parte di qualcun altro. Mi riferisco al danese Rune, allo statunitense Shelton e, perché no, anche allo stesso Musetti (speriamo), però devono maturare ancora tantissimo per arrivare al livello di Sinner e Alcaraz”.

Maturazione dal punto di vista tecnico o della solidità mentale?

“Assolutamente a livello psicologico, perché, per dirla in estrema sintesi, la mente è divisa tra parti emotive e cognitive, e cioè tenere i nervi a posto e capire cosa fare in campo. E sotto questo aspetto devono crescere molto. Se si riesce in tale ambito, cresce, di conseguenza, anche il saper fare dal punto di vista dell’azione esecutiva, perché si predispongono al meglio i piani per poter giocare al top”.

Poc’anzi lei ha citato Musetti. A questo punto,  restiamo sugli italiani. Negli ultimi 2 mesi si è cominciato a parlare dell’ipotesi di ascesa di Flavio Cobolli tra i primi 20 (ora è n° 32)…

Oggi è più facile osservare il fenomeno di un turnover molto più veloce rispetto al passato. Quindi escono ed entrano più giocatori tra i primi 20 in un determinato arco di tempo. E quindi, in un contesto del genere, possono entrarci anche un Cobolli o un Matteo Arnaldi, però al momento non sono giocatori fissi da Top 20, come può essere un Lorenzo Musetti, che è di un altro livello. E quindi devono crescere…”.

Sempre a proposito di giocatori italiani… gli azzurri, nonostante le assenze di Musetti e Sinner, ma con Berrettini, Cobolli e Arnaldi e col doppio Bolelli-Vavassori, la scorsa settimana hanno iniziato la difesa del titolo della Coppa Davis conquistata nel 2023, qualificandosi, come primi nel girone di Bologna, per il tabellone dei quarti di finale di Malaga, le cui sfide, decisive per l’assegnazione del prestigioso trofeo annuale a squadre, si svolgeranno dal 19 al 24 novembre prossimo. Ora, nella consapevolezza che lo stato di forma di un qualsiasi giocatore non lo si può congelare nel freezer e scongelare quando serve, lei, se fosse nel capitano Filippo Volandri, chi farebbe giocare in Spagna?

Poiché si gioca in condizioni indoor e con la formula dei 2 set su 3 per ogni match, si schiererebbero, sempre che siano disponibili, Jannik Sinner come primo singolarista e Matteo Berrettini come 2°. Non ci sono dubbi. Nel doppio, Bolelli-Vavassori è la coppia titolare, ma credo che, su un eventuale punteggio parziale di 1-1 dopo i 2 singolari, non si possa rinunciare a far giocare il numero 1 del mondo. E quindi Jannik Sinner + 1”.

E chi potrebbe essere il compagno di doppio dell’altoatesino?

“E su questo io non sono un mago. Non saprei cosa rispondere. Nel caso in cui si dovesse ragionare in quella determinata situazione di punteggio, a quel punto bisognerebbe analizzare il momento psicologico della squadra e capire chi si prenderebbe la responsabilità di affiancare Sinner; anche perché si dovrebbe smantellare la coppia titolare. E credo che, nell’eventualità di una situazione del genere, si deciderebbe tutto li a Malaga”.

Sarebbe ‘fantatennis’ convocare 4 singolaristi e un doppista a scelta tra Bolelli e Vavassori, dato che nella settimana di Malaga i singolaristi sarebbero impegnati in 6 potenziali match (con altrettanti punti in palio nel percorso Quarti-Semifinale-Finale), mentre il doppio scenderebbe in campo al massimo 3 volte?

“Non credo che si possano fare esperimenti, perché la formula dell’evento – incontri al meglio dei due set su tre e ogni sfida strutturata su due match di singolo e uno di doppio – lo impedisce. Nei Quarti avremo l’Argentina. E molto probabilmente i nostri avversari schiereranno in singolare Cerundolo, tennista ostico che ha saputo battere i nostri giocatori più volte. Quindi bisognerà cercare di andare subito sul 2-0 senza star lì rischiare più del dovuto”.

Passiamo all’ambito femminile italiano. Sia nelle competizioni a squadre (con 4 Fed Cup conquistate tra il 2006 e il 2013) sia in quelle individuali (Francesca Schiavone campionessa al Roland Garros 2010 e Flavia Pennetta trionfatrice allo Us Open 2015) le donne per un decennio hanno tenuto in alto l’onore dell’Italtennis in un momento in cui, invece, tra gli uomini si faceva una grandissima fatica a ottenere risultati dignitosi. E in questo 2024 abbiamo Jasmine Paolini n° 7 del mondo, nonché… unica italiana nella storia a centrare due finali Slam nello stesso anno in singolare. La ragazza toscana sta facendo probabilmente il massimo rispetto a ciò di cui è capace, forse complice un livellamento verso il basso del tennis femminile mondiale dopo la sostanziale uscita di scena, dalle grando finali, da parte delle sorelle Williams, della Sharapova, della Kvitova, della Kerber e della Azarenka…

“Il livellamento verso il basso non è solo nel tennis femminile, ma anche in quello maschile, perché in un recente passato nei quarti di finale di uno Slam c’erano partite in cui, oltre Murray, Djokovic, Nadal e Federer, erano impegnati giocatori come Wawrinka, Cilic, Del Potro, Ferrer, Davydenko, Nalbandian, Tsonga, Raonic… Insomma, all’epoca, valevano molto di più di un Rublev attuale o di un Hurcakz o un Fritz… E’ un momento di ricambio generazionale. Si stanno staccando Alcaraz e Sinner, ma in giro c’è poca roba. In campo femminile poi è tutto da vedere. Ci sono Sabalenka e Swiatek che si passano il testimone tra un torneo e l’altro, dominano il circuito …e la nostra Paolini è bravissima, anche perché è una tennista molto divertente, gioca a tutto campo e poi credo che nessuno, tranne Jas, sia partito mai da così in basso per arrivare così in alto”.

Qualcuno, tra gli appassionati italiani, facendo le debite proporzioni tra i valori delle due giocatrici, mette un po’ in analogia la combattività della Paolini con quella della spagnola Arantxa Sanchez negli anni Novanta. Al pari di Jas nel 2024, anche lei nella sua epoca combatteva contro avversarie complessivamente molto più dotate …

“Arantxa secondo me aveva un’altra stazza rispetto alla Jas. La Paolini oggi sul campo è una giocatrice più completa rispetto alla spagnola dell’epoca, però Arantxa aveva un DNA caratteriale e tattico da campionessa e giocava (talvolta trionfando al Roland Garros e agli Us Open) in un momento in cui c’erano nel circuito Signore come Graf, Seles, Sabatini, Conchita Martinez, Hingis, Davenport, Mary Pierce e, nel frattempo, iniziavano a far intravedere il loro potenziale le sorelle Venus e Serena Williams. Quindi, a livello di qualità rispetto a oggi, non c’è proprio confronto”.

Restando sui paragoni tra il tennis attuale e quello dei primi anni Novanta, ma spostandoci sul settore maschile, notiamo anche in questo caso un livellamento verso il basso. Oggi, a parte Alcaraz e Sinner, che stanno dimostrando di avere doti notevoli, già se prendiamo in esame i campioni Masters Atp Finals Stefanos Tsitsipas e Alex Zverev dovremmo chiederci perché entrambi fino a oggi non sono diventati numero 1 almeno Atp almeno per una settimana ciascuno… Evidentemente c’è qualche problema serio in questi due talenti…

Intanto non bisogna dimenticare che Zverev è attualmente n° 2, mentre Tsitsipas è stato n° 3 nel 2021. Ciò che lei ha inquadrato in parte certifica una considerazione: il tennis è uno sport molto più mentale di quanto faccia credere la televisione, che, quando manda in onda le sintesi dei momenti decisivi e le highlights, veicola soprattutto i colpi vincenti. Il problema è che non si vince una partita per i colpi spettacolari prodotti, ma, al contrario, perché si è capaci di ‘digerire’ gli errori gratuiti, che sono quasi il 50% dei punti giocati in un match. E questi rappresentano la cosiddetta ‘parte oscura della luna’. Ed è in quelle dinamiche psicologicamente difficili che bisogna ricercare il primo, grande colpo in più che ha il campione, perché lui sa come perdere, accetta l’eventualità della sconfitta. Ovviamente il fine è quello di vincere. E il giocatore lo deve fare con tutti i propri mezzi, fino all’ultimo scatto di nervi, dopodiché, se viene superato dalla bravura dell’avversario, deve resettare, accettare e andare avanti”.

Restando negli aspetti più profondi della materia: che cos’è il tennis, tra presente, passato e futuro?

Il tennis è un gioco. E nel mondo tutto funziona come un gioco: le relazioni, la politica, il lavoro, gli amori. E’ un continuo miscelare un ambiente di vari aspetti, di vari elementi che spostano emozioni e azioni delle persone. E …saper giocare a giocare… è una grande abilità. Probabilmente è la cosa che ha portato noi esseri umani a staccare il biglietto per l’evoluzione, altrimenti saremmo rimasti nelle caverne. E quindi attraverso il gioco abbiamo imparato a costruire utensili, a evolverci…e siamo arrivati a questa epoca tecnologica formidabile che ci regala, a suo modo, anche una vita più lunga, perché bisogna considerare che oggi si vive molto di più grazie alla tecnologia”.

Torniamo al punto di partenza, geografico ma non solo, di questa intervista: Gaiba e il tennis su erba. Durante la tre-giorni 20-21-22 settembre 2024, lei ha spiegato ai suoi allievi che una partita è inquadrabile anch’essa nel trinomio passato-presente-futuro…

“In realtà, pure per completare la risposta rispetto alla domanda precedente, va evidenziato che il tennis è uno strumento favoloso anche per evolvere il cervello e il corpo, tant’è che li mantiene entrambi agili. E’ un gioco in cui bisogna avere la capacità di prevedere ciò che avviene, e quindi stimare la situazione e poi scegliere soluzione e strumento adatti per risolvere quel problema; quindi rende le persone più intelligenti, perché devono interagire con l’ambiente e risolvere problemi continuamente, perché è uno sport che muta, in quanto è in continua evoluzione. Non c’è mai una palla da giocare uguale a un’altra, per cui un occhio volge al passato (in quanto archivio, esperienza) per imparare dagli errori e un occhio volge al futuro perché bisogna capire in anticipo le intenzioni dell’avversario, però tutto si ‘consuma’ nell’attimo del presente”.

Rispetto a questo ambito cognitivo, come si pongono le tre superfici in cui si gioca (erba, terra battuta e cemento/hard court) ?

“Non c’è dubbio che il vero tennis si gioca sull’erba, ma lo dicono anche i dati, perché, nell’ambito dei 3 modi attraverso i quali si può conquistare un ‘15’ – e cioè la giocata vincente, ossia quella in cui l’avversario non tocca la palla, l’errore procurato, dove si obbliga l’avversario all’errore togliendogli spazio e tempo, e l’errore gratuito, cioè quando uno dei due sbaglia da solo –, gli errori gratuiti si ‘asciugano’ sull’erba, nel senso che se ne registrano di meno rispetto ad altre superfici, e nel contempo emergono di più le giocate vincenti e gli errori procurati, per cui sull’erba il gioco che viene fuori da un match ha maggiore qualità. Inoltre, sull’erba si gioca di più a tutto campo. C’è la fase difensiva, ma c’è anche quella d’attacco. Si vedono ancora oggi molte più volée, malgrado il gioco di volo sia meno frequente rispetto al passato. E quindi l’erba è innanzitutto una superficie educativa, perché obbliga il tennista, a causa della sua velocità e del rimbalzo basso, a dover anticipare continuamente i tempi e rubare il campo all’avversario; per cui è un fantastico esercizio di anticipo mentale. Al contrario, sulle altre superfici, che sono più rallentate, si può anche giocare di attesa, speculando sull’errore dell’avversario”.

Luigi Gallucci

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INVOLUZIONE DI CAMPIONI NELLA TOP 20 ATP, NOSTRA STATISTICA >> https://www.sportflash24.it/tennis-atp-cerano-una-volta-classifiche-ricche-di-campioni-259664

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