Tribuna Mergellina / Intervista
ad Alberto Della Sala, libraio tifoso over 70

Via Cimarosa, un vessillo di ringraziamento per la conquista del 4° scudetto campeggia nei pressi della libreria azzurra “Io ci sto” diretta da Alberto Della Sala, tifoso over 70 del Calcio Napoli.
- È l’estate del 2014 quando un gruppo di amici si rende conto che il quartiere Vomero, uno tra quelli napoletani col maggior livello culturale, non ha più una libreria, dopo la recente chiusura dello storico punto vendita Loffredo. Insomma, un autentico pugno nello stomaco per chi vive di cultura. E a quel punto questo “manipolo di volenterosi” decide di incontrarsi. E dopo una riunione informale inizia a pensare di costruire un’associazione culturale senza fini di lucro, il cui scopo è quello di aprire una libreria. E così, utilizzando il telefono, il passaparola e gli strumenti social di ultima generazione, tale nucleo fondatore in pochissimo tempo riesce a fare una sorta di ‘miracolo’, aggregando 1000 soci. Nasce quindi, in via Cimarosa civico 20, la libreria “Io ci sto”. E nel novembre 2014, quando la notizia arriva all’orecchio di Umberto Eco, il letterato e filosofo piemontese commenta con queste parole: “Solo a Napoli potevate fare una cosa così…”. Tra i protagonisti di questa autentica Impresa – che a 11 anni dalla nascita resta solida sia in termini culturali sia di ‘asset’ grazie alla fiducia accordata in modo incondizionato da alcune centinaia di soci -, in verità c’è una particolarità: sono tutti tifosissimi del Calcio Napoli, a cominciare dalla presidentessa dell’associazione culturale, Claudia Migliore, abbonata in Curva B. Colui che, però, “mastica calcio” da più tempo è il libraio, nonché direttore operativo di “Io ci sto”, il 72enne Alberto Della Sala, che proprio quest’anno festeggia i suoi primi 60 anni di passione azzurra. “Sono diventato tifoso del Napoli quando avevo 12 anni – racconta con fierezza il nostro interlocutore, per decenni libraio sull’asse Napoli-Pompei, originario di Monte di Dio e dalla metà degli anni Ottanta residente in un parco privato a Scampia insieme a sua moglie Grazia, insegnante attualmente in pensione. – Era il campionato 1965-66. In quella sessione di calciomercato, il Napoli mi accese l’entusiasmo perché comprò due fuoriclasse: il brasiliano Josè Altafini, proveniente dal Milan ed ex campione del Mondo 1958 insieme a Pelé, e l’argentino Omar Sivori, talento sopraffino in rotta di collisione con lo staff tecnico della Juventus, squadra con la quale, da oriundo, vinse il Pallone d’Oro 1961. L’allenatore del Napoli era Bruno Pesaola. Presidente, Roberto Fiore”.
Signor Della Sala, partiamo con una curiosità: come e dove ha festeggiato i 4 scudetti?
“Per fortuna, sempre a casa e in famiglia, insieme ai miei due figli: Renata, attualmente dipendente del Ministero di Giustizia, e Andrea, imprenditore in Messico nel settore ristorazione. Solo rispetto al Tricolore di Spalletti abbiamo fatto male i conti, perché Andrea è stato con noi a Scampia nella domenica di Napoli-Salernitana (30 aprile 2023, N.d.R), ma qualche giorno dopo ci ha dovuto lasciare per impegni lavorativi. E poiché, come tutti sanno, gli azzurri in quella 32^ giornata di campionato hanno pareggiato 1-1, ritardando così di 4 giorni il trionfo matematico, lui ha appreso della vittoria tricolore mentre era in scalo aeroportuale ad Atlanta. Stavolta, invece, non abbiamo sbagliato i calcoli”.
In tutto questo, non ha nominato sua moglie…
“Grazia non è tifosa di calcio, ma è felice quando ci vede gioire per le vittorie del Napoli”.

Scampia, 23 maggio 2025, famiglia Della Sala al completo per la vittoria del 4° scudetto: da sinistra, Renata, Alberto, Andrea e Grazia.
Quale dei 4 scudetti è stato il più inaspettato e quale quello più sudato?
“Il più sudato, quello di quest’anno. Fino all’ultimo dei 5 minuti di recupero di Napoli-Cagliari 2-0, ultima di 38 intense giornate, tutto poteva succedere. Il più inaspettato? Direi il 2°, quello del 1990, perché, venendo da due secondi posti datati 1988 e 1989, ci rendevamo conto di quanto era difficile rivincere. E invece accadde”.
Quali le chiavi del successo di ciascuno dei 4 Tricolori?
“Nel primo, sono decisivi gli apporti di Diego Maradona e Ciccio Romano, regista che arriva a ottobre, nell’allora mercato di riparazione, e registra il centrocampo, facendone una macchina perfetta. Ciccio è un po’ il Lobotka di fine anni Ottanta.
Nel secondo scudetto, c’è una squadra matura, forte di un trionfo Uefa, che ha il merito di farsi trovare al posto giusto …nel momento giusto.
La chiave del terzo Tricolore, invece, non può prescindere dalla competenza di mr Luciano Spalletti e dalla coppia spettacolare Kvaratshkelia-Osimhen; però anche in questo caso alle loro spalle c’è una base concreta, costituita da giocatori che sanno quello che devono fare in campo. C’è una catena di destra del 4-3-3 che funziona a memoria, grazie a Di Lorenzo-Anguissa e Politano. Poi c’è Lobotka, che detta i tempi del gioco tra la propria trequarti campo e la trequarti avversaria. E poi c’è una solida coppia Kim-Rrahmani al centro della difesa. Nel complesso, una giusta alchimia, al netto di un Kvara che, come giocatore, resta un Top assoluto anche oltre Napoli. Fuori da quello spogliatoio del 2023, invece, Kim, Osimhen e lo stesso Spalletti vanno incontro a esperienze per nulla esaltanti.
Nel quarto tricolore, l’arma principale è la ‘quadra’ che riesce a dare mr Antonio Conte. Il suo innato spirito combattivo, perfettamente trasmesso alla squadra, permette a una macchina di buona qualità di tornare a dettare legge. Tra l’altro, Conte riesce a realizzare tutto ciò inserendo tra i titolari, sostanzialmente, due elementi: McTominay al posto di Zielinski e Lukaku in luogo di Osimhen, al netto degli apporti di Buongiorno (in difesa) e Kvara (in attacco) nella prima parte di stagione. Insomma, i ragazzi negli ultimi 12 mesi hanno fatto capire a tutti di non essere dei brocchi, come qualcuno ha cercato di farli passare dopo il fallimento dell’annata 2023-24. E infatti hanno dimostrato che, lavorando seriamente con due allenatori estremamente capaci, sono riusciti a vincere 2 scudetti in 3 anni, una cosa non da poco. Tra l’altro, penso che il pessimo 10° posto che ha preceduto il Tricolore conquistato con Conte sia colpa soprattutto del mr francese Rudi Garcia, il quale, anziché continuare a far giocare la squadra con gli schemi che l’avevano portata a trionfare nel maggio 2023, in estate, già al suo arrivo, ha iniziato a cambiare registro con una presunzione che però gli si è rivoltata contro!”.
Nel complesso, la storia della Serie A “parla” di 4 scudetti caratterizzati (tutti) da grande bellezza e concretezza, al netto di qualche rammarico, di qualcosa che poteva concretizzarsi …e che invece è sfumato.
“Se mi devo soffermare su bellezza e spettacolarità, allora dico che per me il Napoli più bello è stato quello dello scudetto sfumato il 1° maggio 1988. Il Milan rimontò e vinse con merito, ma il Napoli ebbe una serie di prestazioni tecniche devastanti, prima di crollare in primavera. E la bellezza di quel Napoli a mio avviso è stata eguagliata solo dal gruppo di Sarri 2017-18, quello del 2° posto col record storico di 91 punti in Serie A”.
C’è stato un momento particolare, durante l’ultimo campionato, nel quale ha iniziato a pensare che forse il 2024-25 sarebbe stato un anno agonistico trionfale?
“Purtroppo, no. È stata una competizione sempre molto tirata e temevo che nelle ultime 3-4 giornate avremmo potuto collezionare l’ennesimo secondo posto. Una sensazione di un certo tipo, invece, la ebbi durante la seconda stagione spallettiana. Ricordo che eravamo con mia moglie e mia figlia a Milano la sera in cui il Napoli batté la Juve per 5-1 al Maradona (13 gennaio 2023, N.d.R). Quando finì quella gara pensai che, dopo 33 anni, molto probabilmente saremmo arrivati al traguardo nel modo più bello che un tifoso del Napoli possa immaginare”.
Cosa rappresenta Aurelio De Laurentiis, dal 2004 a oggi, per Napoli Città e per il Calcio Napoli?
“Non si può non riconoscere che De Laurentiis è quello che a inizio Millennio ha salvato il calcio a Napoli; un ambito sportivo che viene vissuto sempre con un fortissimo spirito di appartenenza e, quando si riesce a vincere, rappresenta anche un elemento di forte riscatto per la città. Quindi lui è stato il primo protagonista di questa nuova epopea azzurra, però va evidenziato anche che negli ultimi decenni De Laurentiis non è stato l’unico grande attore. Su un ideale palcoscenico che ha riportato Napoli a riprendersi una sua ‘revanche’, non bisogna dimenticare sindaci come Antonio Bassolino e Luigi De Magistris. Grazie alle intuizioni del 1°, Napoli si è riaperta in modo maggiormente organizzato al turismo di massa. Forse non è un flusso di eccellenza, ma muove comunque l’economia e, quindi, alcune persone, anziché storcere il naso di fronte al boom di turisti, farebbero bene a fare altri tipi di riflessioni… De Magistris, invece, è stato quello che ha spinto molto sull’organizzazione di grandi eventi sportivi, vedi i match tennistici di Coppa Davis (Italia-Cile 2012 e Italia-Gran Bretagna 2014) e le regate “World Series America’s Cup” dell’aprile 2013, una sorta di rodaggio tecnico per le imbarcazioni che avrebbero disputato nell’estate successiva a San Francisco, negli Stati Uniti, le fasi finali della XXXIV Coppa America di vela, competizione mondiale di tradizione estremamente consolidata.
Nel complesso, però, è innegabile che a questa rivalutazione della Città, avvenuta nell’arco degli ultimi 3 decenni, abbiano contribuito anche i successi del Napoli. E certamente Aurelio De Laurentiis si è conquistato un suo posto nella cosiddetta Hall of Fame del Calcio Napoli (ambito presidenti), insieme al fondatore Giorgio Ascarelli, ad Achille Lauro e a Corrado Ferlaino”.
A quali traguardi può ambire realisticamente il Napoli, ipotizzando che sulla panchina resti Antonio Conte per i prossimi 3 anni?
“È chiaro che la città continua a desiderare innanzitutto lo scudetto. La voglia di vincere ci prende soprattutto quando giochiamo il campionato, perché il Tricolore, per il popolo napoletano, è simbolo di rivincita in una Nazione che, è opportuno non dimenticarlo, da ben 164 anni sconta l’irrisolto e grave problema storico-politico della Questione Meridionale. L’aspetto delle coppe europee, invece, a mio modestissimo avviso è secondario, finché non si mettono le mani su una Champions, tanto per fare un esempio. E questo perché, in Europa e nel Mondo, Napoli città (una delle più grandi capitali europee per circa 6 secoli, nonché ricchissima di arte, cultura e primati in tanti settori) non deve dimostrare molto. Quindi, l’apporto che potrebbe arrivare da un grande trofeo internazionale andrebbe solo ad aggiungersi a una lunga lista di valori e onori. Le porto un esempio. Io, di recente, sono stato in Messico da mio figlio e, conoscendo alcune persone, quando ho fatto capire loro di essere napoletano, si sono sprecate le esclamazioni tipo ‘waaaauu’, ‘beautyful’, ‘marvellous’ e cose di questo tipo. Insomma, a livello internazionale Napoli già ha un suo fascino consolidato”.
Calcio e tecnologia: dalla “goal line tecnology” introdotta nel 2012 alle “body-cam” arbitrali attivate nel 2025, passando per il “VAR”, entrato in funzione nel 2017. Ritiene utile il supporto della “macchina” nelle competizioni di foot-ball?
“Utilissimo e necessario, perché soprattutto in Italia, il Paese della facile dietrologia e del complottismo, una tecnologia ben gestita dall’uomo permette di far emergere maggiormente i veri valori presenti in campo”.
Ultima domanda. Signor Alberto, i recenti trionfi calcistici del Napoli hanno innescato un incremento della bibliografia sulla squadra partenopea. Dal suo osservatorio privilegiato, cosa percepisce di questa nuova “valanga azzurra”…di stampa (ma anche di stampo)?
“Domanda molto tecnica. Dunque, il recente fenomeno da lei evidenziato va a configurare un panorama editoriale di settore che attualmente è un po’ ridondante, in quanto a mio parere il 75-80% del materiale pubblicato serve a poco. Tutta questa abbondanza (o valanga) rende solo difficile far emergere quei prodotti che comunque sono presenti sul mercato e che sono realizzati con qualità di scrittura, conoscenza dei temi e rigorosa documentazione storica. Certamente, soprattutto nelle settimane precedenti e in quelle immediatamente successive alla conquista degli ultimi due scudetti, in libreria c’è stato un maggiore fermento di pubblico azzurro. Ma, se è vero che questo tipo di prodotto editoriale è stato più richiesto rispetto alla routine giornaliera, va pure evidenziato che non si sono registrati numeri clamorosi a livello di vendite. In tale contesto, invece, da addetti ai lavori riscontriamo maggiore successo quando ci sono presentazioni incentrate su libri di grandi ex calciatori del Napoli (vedi Vinicio, Improta, Cané) o quando gli ospiti di eventi riguardanti libri calcistici sono persone note, legate in vario modo al Calcio Napoli”.
Luigi Gallucci