La specializzazione per superficie ha portato ciascuno dei cosiddetti “big 3”
a scrivere pagine uniche a livello All Time
Lo spagnolo Rafael Nadal è il giocatore col maggior numero di trofei Grand Slam vinti in singolare maschile sulla terra battuta: 13 titoli al Roland Garros di Parigi. (Foto archivio: Luigi Gallucci)
Il serbo Novak Djokovic è il tennista col maggior numero di trofei Grand Slam vinti in singolare maschile sul cemento: 9 titoli agli Australian Open e 3 agli Us Open. (Foto archivio: credits Maestro FIT Corrado Orizzonte)
Lo svizzero Roger Federer è il giocatore col maggior numero di trofei Grand Slam vinti in singolare maschile sull’erba: 8 titoli al torneo di Wimbledon. (Foto archivio campo centrale “All England Club”: Luigi Gallucci)
-A proposito della scia di opinioni su chi, tra Roger Federer, Novak Djokovic e Rafael Nadal, possa essere considerato IL PIU’ FORTE dell’era professionistica, io la vedo così. Per me rappresentano i livelli massimi a cui si è arrivati fino a oggi in termini di specializzazione: Nadal per la superficie terra rossa (record assoluto di 13 titoli in singolare maschile al Roland Garros), Federer per l’erba (record di 8 trofei a Wimbledon) e Djokovic per il cemento (9 Australian Open e 3 Us Open). Al momento, ciò che questi 3 fuoriclasse hanno prodotto in termini di prove del Grand Slam è tantissimo e, sia in campo che fuori, li erge a giganti, soprattutto al cospetto dei tennisti più giovani. Insomma, sono pari e lo saranno sempre. Al 99% determinati numeri sono ormai cristallizzati e con ogni probabilità ciascuno ha già dato il meglio, in quanto sto parlando di 3 giocatori che oggi hanno tra i 35 e i 40 anni e, nonostante la buona volontà e i progressi della scienza, difficilmente uno dei tre riuscirà a superare i primati assoluti All Time altrui nei 4 tornei Major.
E ora qualche considerazione seria su un’affermazione che in questi ultimi tempi mi è capitato di dover ascoltare fin troppe volte, fino al fatto di generarmi sistematiche sensazioni di nausea. La battuta in questione è: “…però Nadal non ha mai vinto un Masters”.
Calma e gesso, perché qui va fatta una riflessione sul valore assoluto del titolo “Masters”, che in troppi tendono a enfatizzare più del dovuto. Premesso che si tratta di un grandissimo banco di prova, sia tecnico che psicologico, per qualsiasi giocatore e premesso anche che non intendiamo entrare nel merito della formula, che, attraverso lo svolgimento della prima fase a gironi e la seconda a eliminazione diretta, fa diventare le “Finals” l’unico evento annuale di singolare maschile ATP in cui, da un punto di vista aritmetico, si può alzare il trofeo anche se si perdono 2 partite nei gironi, ebbene, il nodo viene al pettine quando i soloni pensano di discriminare, in relazione a tale torneo, Nadal rispetto agli altri 2, glissando – non si sa perché – su un dato oggettivo estremamente significativo, se si considera la “specializzazione per superficie” verso cui il tennis sta andando con sempre maggiore velocità. In pratica, il torneo Masters-Atp Finals da almeno 40 anni viene giocato, per “Ragion di Soldo”, su superfici veloci, su cui sia Djokovic (quota 12 Slam) che Federer (11) hanno avuto, in carriera, sia l’opportunità che il merito di esprimere il meglio delle loro caratteristiche tecniche, a differenza, appunto, dello spagnolo. Per la cronaca, ad oggi si contano nelle Finals 6 vittorie di Federer e 5 di Djokovic. Insomma, qualcosa non quadra, ma, ribadiamo, solo nel momento in cui si pretende di fare le pulci a Nadal.
Ma, a ben guardare, a volte è proprio dalle situazioni “al limite” che si può trarre un segnale per progredire. E, secondo me, da questo punto di vista il Masters può fare, nel medio termine, uno scatto in avanti, anche perché 3 sono le superfici su cui si fa la storia: la terra, l’erba e il cemento.
Nel corso degli anni, infatti, girando nei circoli e parlando con gli appassionati come me, spesso mi sono sentito rivolgere la domanda: “Perché il Masters non si gioca una volta sull’erba, una sul cemento e una sulla terra rossa?”. Insomma, questo leitmotiv, che ha una sua logica puristica rispetto al valore del risultato in sé, mi ha reso sempre più consapevole del fatto che ciò che viene proposto dall’Atp…non è del tutto gradito dall’utente-appassionato. Insomma, il Masters, per evolvere, avrebbe bisogno di applicare il parametro politico delle “pari opportunità”. E così, nell’ attesa che in tale contesto specifico una svolta prima o poi avvenga, io e i miei amici dei circoli (che, come me, per mestiere non si occupano di programmazione economica Atp) restiamo sempre affascinati dall’idea che un giorno tale torneo si possa svolgere, con rotazione annuale e sempre nel mese di novembre, su campi coperti in erba (vedi l’attuale Centrale di Wimbledon), terra rossa (Roland Garros o anche altre strutture già esistenti) e cemento (vedi Centrale di Flushing Meadows, Melbourne Park o altri).
Infine, sempre per tornare all’assegnazione della “corona di alloro” che taluni pensano di restringere a una sfida a 2 tra Djokovic e Federer, viene allegramente da obiettare che “…però Djokovic e Federer, a differenza di Nadal, non hanno mai vinto l’oro olimpico in singolare maschile, nonostante abbiano fatto più di qualche tentativo”. Insomma, son cose che possono succedere…anche agli umani-giganti degli ultimi 3 lustri di tennis giocato. Ecco, tutto ciò per dire che proprio sul “Monte Olimpo”, per ironia del destino, “gli dei del tennis” – mi si passi la battuta – hanno deciso di farsi beffe di determinate affermazioni profferite da troppi comuni mortali che, forse per una questione di antipatia, ormai da un po’ provano a buttare giù oggi Rafa, domani Roger e dopodomani Novak. E, sempre a proposito di giganti All Time della racchetta, faccio notare che “gli dei del tennis” l’altra sera in quel di Flushing Meadows New York hanno “difeso” un altro loro “beniamino”, l’australiano Rod Laver, che ancora oggi resta l’unico nella storia ad aver centrato due Grand Slam (nell’anno 1962 da “dilettante” e nel 1969 da “professionista”). Pace e bene e, soprattutto, buon tennis.
Luigi Gallucci
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